I fisiocratici e l’ideologia delle classi agricole

Però, se andiamo a vedere queste produzioni ante-Marx sul tema delle classi da parte degli “storici borghesi” troviamo in verità ben poco. Persino la famosissima Encyclopédie(5) degli illuministi – il primo, grande tentativo di produrre una Enciclopedia del sapere in senso moderno (il sottotitolo era Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri), un vero compendio universale dello scibile dell’epoca, oltre che la più potente e organica espressione delle idee e degli ideali dell’Illuminismo, prodotta essenzialmente tra il 1750 e il 1772 – non conteneva neanche la parola classe, né alcuna trattazione almeno abbozzata sull’argomento. In realtà, il primo tentativo di una qualche organicità, prima di Marx, di analizzare le classi sociali, la loro struttura e la loro definizione in termini oggi comprensibili e traducibili, lo possiamo ritrovare casomai, più che tra gli storici, negli economisti “borghesi”, a cominciare dai fisiocratici(6) e facendo riferimento in particolare al loro massimo esponente, François Quesnay(7).

«La nazione è ridotta a tre classi di cittadini – scrisse Quesnay nella sua opera principale, Analyse du Tableau économique – la classe produttiva, la classe dei proprietari e la classe sterile. La classe produttiva è quella che fa rinascere per mezzo della coltura del territorio le ricchezze annuali della nazione, che anticipa le spese dei lavori agricoli e paga annualmente le rendite dei proprietari delle terre…La classe dei proprietari comprende il sovrano, i possessori delle terre e i percettori di decime. Questa classe vive della rendita, o prodotto netto della cultura, che le è pagato annualmente dalla classe produttiva, dopo che questa ha prelevato sulla riproduzione annualmente ricostituita le ricchezze necessarie per rimborsarsi l’anticipazione annuale e per mantenere i beni di sfruttamento…La classe sterile è formata da tutti i cittadini occupati in altri servizi e lavori che non siano quelli agricoli, e le cui spese sono pagate dalla classe produttiva e dalla classe dei proprietari, essi stessi traenti le loro rendite dalla classe produttiva»8.

Oggi potremmo facilmente convenire tutti/e che di scientifico, almeno nel senso che attribuiamo attualmente a questo termine, nella divisione delle classi presentata da Quesnay non c’era nulla. Mettere insieme nella classe più “virtuosa”, quella dei produttori, solamente coloro che svolgevano direttamente lavori agricoli, relegando tra gli sterili sia gli operai e gli artigiani sia gli industriali, dopo aver collocato nella classe intermedia dei proprietari i re, i latifondisti e i redditieri (oltretutto espellendo dalla categoria i padroni delle industrie e quelli immobiliari), fu solo una smaccata operazione ideologica, svolta da una scuola di pensiero, politica prima che economica, convinta che l’agricoltura fosse l’unico settore in grado di attuare un aumento reale della ricchezza: e che, sulla base di tale granitica convinzione, sosteneva che i governi francesi avrebbero dovuto privilegiare lo sviluppo dell’agricoltura rispetto a quello industriale e manifatturiero. Né andò davvero più lontano, in quanto a pensiero scientifico, un altro, all’epoca relativamente celebre, esponente della scuola degli economisti fisiocratici, Nicolas Baudeau9 – e pour cause, dato che uno dei suoi aforismi preferiti invitava gli uomini “a rivolgersi all’aratro” –, anche se a lui va forse il merito di essere stato il primo a definire classe la burocrazia statale, progenitrice in parte della borghesia di Stato:

«Baudeau divide la popolazione in una classe dirigente (amministrativa), che emana dal sovrano ed è fuori dal processo economico, in una classe produttiva comprendente fittavoli, proprietari e lavoratori agricoli e in una improduttiva – che include artigiani, operai, commercianti, addetti ai servizi – definita anche classe sterile ma utile»10.

Anche qui siamo nell’ultra-ideologico e persino nel grottesco, laddove nella categoria della improduttività o sterilità Baudeau riusciva a ficcare artigiani, operai e addetti ai servizi, mentre non considerava improduttiva la burocrazia dell’epoca. Decisamente qualche passo in avanti per una lettura un po’ più aderente alla realtà venne compiuto da un altro illustre esponente del pensiero fisiocratico, Robert Jacques Turgot11, nella cui lettura della divisione della società in classi compariva anche un abbozzo del concetto di plusvalore poi ampiamente sviluppato da Marx:

«In Turgot la prima distinzione, legata agli schemi fisiocratici del lavoro agricolo come unico lavoro produttivo, è tra una classe di proprietari-coltivatori, la classe produttrice, e una classe di artigiani o stipendiata, i cui membri compiono la trasformazione industriale e il commercio dei prodotti di natura, ricevendo in cambio i generi di sussistenza. La prima classe si scinde poi in proprietari e coltivatori: i secondi percepiscono “la sussistenza e i profitti del lavoratore”, condizione perché si assumano la coltivazione di una terra non propria; ai primi resta l’eccedenza, la rendita. E a loro volta i coltivatori si dividono in imprenditori o fittavoli e semplici operai salariati…Turgot osserva che la classe stipendiata si divide in due ordini: gli imprenditori manifatturieri che danno lavoro anticipando i loro capitali e i semplici artigiani che “non hanno altro che le loro braccia e non hanno altro profitto che il salario”. L’imprenditore che impiega i propri capitali si aspetta, oltre al loro rientro, “un profitto sufficiente per pareggiare quello che gli sarebbe valso se l’avesse impiegato nell’acquisto di fondi agricoli; e in più il salario dovuto ai suoi lavori, alle sue cure, alle sue stesse abilità: altrimenti avrebbe preferito vivere senza fatica della rendita di una terra che avrebbe potuto acquistare con quel capitale”. Il plusvalore è concepito come uguale alla rendita più il salario dell’imprenditore…La terza classe è quella dei proprietari, distaccata da un lavoro specifico e quindi adatta “ai bisogni generali della società, come la guerra e l’amministrazione della giustizia”. Appartengono a tale classe anche i capitalisti monetari»12.