HA  SCRITTO  DI  PIERO BERNOCCHI  LA  STAMPA  ITALIANA

 Tra le migliaia di articoli che la stampa italiana ha dedicato nell’ultimo mezzo secolo a Piero Bernocchi, a sue iniziative e delle organizzazioni o movimenti di cui è stato portavoce o protagonista, interviste, prese di posizioni – fermo restando che la grande maggioranza di tali articoli li potete trovare, con opportuna cronologia degli eventi ai quali si riferiscono, nella parte che nel menù è indicata con “Stampa” e che nell’icona in fondo alla homepage è indicata con “Bernocchi e i Cobas nella stampa italiana” – ne abbiamo scelto una selezione, dal 2000 ad oggi, che trovate qui accanto, da cui più traspare, oltre al ruolo cruciale esercitato nei conflitti e politici di questi anni, sul piano nazionale e internazionale, anche l’immagine prevalente di Bernocchi che i mass media (TV e radio comprese), in genere, hanno presentato ai lettori/trici e/o ascoltatori/trici. E cioè quella, elencando alcune delle definizioni riservategli, di un “rivoluzionario di professione”, ”antagonista antisistema“, “contestatore anticapitalista a tempo pieno”, “onnipresente e sempreverde protagonista dei movimenti da mezzo secolo”, “unico essere umano al mondo completamente immutato da quarant’anni”, “incontrastato leader di piazza e di corteo”, “punto di riferimento fisso di prefetti, questori, giornalisti, manifestanti”. Qui di seguito, poi, abbiamo raccolto alcuni estratti dagli articoli più significativi, che trovate in versione completa a sinistra, divisi anno per anno. Eccone alcune decine.

«Il Social Forum di Genova ha chiesto la sospensione del G8. E’ stato Piero Bernocchi, il leader dei Cobas, ad avanzare la richiesta ufficiale, nel corso di un’assemblea del movimento che si é tenuta a piazzale Kennedy: la proposta é stata accolta all’unanimità, con un grande applauso. L’assemblea si é svolta inn un clima tesissimo, rabbioso, mentre rimbalzavano le notizie su nuovi incidenti e c’era grande incertezza sul numero dei feriti e anche dei morti…La rabbia é cresciuta, però bisogna dare atto alla stragrande maggioranza di questo movimento di non aver mai perso i nervi.Di aver dimostrato una grande maturità…E i leader del movimento hanno anche dato prova, durante tutta la giornata, di capacità politica e di direzione. Dal giovane Casarini ai “vecchi” come Agnoletto e Bernocchi, ex-capo del Sessantotto romano, che dirigono aree diverse del movimento, ma vicine politicamente» (Piero Sansonetti, l’Unità, 21 luglio 2001)

«Nell’assemblea conclusiva del Genoa Social Forum, Agnoletto e Casarini hanno dichiarato l’assoluta estraneità dei black bloc nei confronti del movimento. Piero Bernocchi, leader dei Cobas, è stato più problematico. Bernocchi è un signore di 54 anni con l’eterna aria da ragazzino, con alle spalle un lungo passato politico. E’ stato uno dei capi del ’68 e da allora è sempre rimasto nel movimento, fino al’77, al ’99, ai Cobas e ora al Social Forum. Bernocchi ha affrontato il problema di petto. Dice che se due o tremila ragazzi pensano che fare politica vuol dire sfasciare tutto, noi non possiamo liquidare il fatto, denunciando le infiltrazioni, tanto più che i governi hanno deciso di usare le “tute nere” contro di noi» (Piero Sansonetti, l’Unità, 23 luglio 2001)

«Bernocchi, e anche Casarini e gli altri leader più radicali del movimento, nei giorni di Genova non solo hanno mantenuto un comportamento ineccepibile sul campo, ma hanno anche speso una buona parte della loro credibilità politica per ridurre i danni ed evitare devastazioni e perdite più grandi. Il loro senso di responsabilità è stato sicuramente superiore a quello mostrato dallo Stato. Questo glielo riconoscono tutti quelli che erano a Genova in quei giorni, e anche i leader più moderati del GSF (Genoa Social Forum) come Agnoletto, Benettollo o Raffaella Bolini. Dopo gli attacchi della polizia e l’uccisione di Carlo Giuliani c’erano decine di migliaia di giovani furiosi, indignati: il rischio dell’espandersi della violenza era enorme. Se il GSF non ha mai reagito contro i pestaggi della polizia, se è riuscito ad evitare ogni forma di violenza, gran parte del merito è dei leader dei settori più radicali del movimento. Non è giusto non dargliene atto:di tutti i soggetti in campo a Genova, sono stati sicuramente gli unici che hanno concretamente operato per contenere la violenza».
(Piero Sansonetti, l’Unità, 13 agosto 2001)

« “Ma su, il ministro Pisanu è un vecchio democristiano, uno che certe operazioni sa come realizzarle”, dice Piero Bernocchi, gran capo dei Cobas fin dai tempi in cui i ministri dell’Interno erano davvero democristiani. Bernocchi, tra i tanti giovani leader emergenti, rimane “il compagno fidato ed esperto, quello da guardare mentre il prefetto, tra grandi sorrisi, magari ti sta rifilando la fregatura”, ammettono gli altri che gli stanno intorno. Secondo il Viminale, tra lui, e dunque i Cobas, e i “disobbedienti”, e perciò Luca Casarini e Nicola Fratoianni, sarebbe in corso uno scontro per la leadership del movimento antagonista, che “indebolisce la linea di comando del movimento, rendendolo incerto e pericoloso”. Bernocchi, capelli eternamente neri, si indigna e per essere più credibile finge un abbraccio caloroso con Fratoianni. “Come si fa ad essere più amici di noi due? Scrivetelo, raccontatelo al ministro”» (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 24 ottobre 2002)

«Piero Bernocchi, il gran capo dei Cobas, parla. E accanto a lui non c’è nessun altro organizzatore del Forum sociale. E’ la sua partita, la manifestazione contro la base americana di Camp Darby. Lo sa bene, sa che se qualcosa dovesse andar male il prezzo sarà alto, e sarà solo lui a pagare. Domani si farà quello che nessuno nel Forum voleva. Una manifestazione antimperialista che non è inclusa nel programma ufficiale e che viene firmata solo dai Cobas di Bernocchi e dal Movimento antagonista toscano…Bernocchi – che ha pronto un servizio d’ordine, qualche centinaio dei suoi ad occhi aperti – è persona cocciuta ed onesta, e si prende le sue responsabilità: “Fino in fondo. Mi sento di garantire che sarà una manifestazione assolutamente pacifica”. Accanto a lui, gli inglesi di Globalize Resistance e i greci del Greek Social Forum che hanno deciso di partecipare» (Marco Imarisio, Corriere della Sera, 5 novembre 2002)

«E’ proprio Piero Bernocchi, nel momento più delicato delle giornate genovesi, dopo l’uccisione di Carlo Giuliani, a prendere la testa del movimento, impegnandosi a garantire il servizio d’ordine».(Il Riformista, 7 novembre 2002)

«Piero Bernocchi è un no-global decisamente Anti. Anticapitalista, antiliberista, antiamericano, anticofferatiano. E anche antisionista ma non antisemita, perché come ha spiegato lui stesso “anche i palestinesi discendono da Sem”. Bernocchi ha 55 anni, ha fatto il Sessantotto, il Settantasette ed ora è il leader dei Cobas, l’ala sindacale dura, pura e rossa dei no global italiani. E’ stato lui il protagonista della temutissima manifestazione di ieri alla base americana di Camp Darby, primo appuntamento ad alto rischio del Forum Sociale europeo di Firenze». (Il Riformista, 7 novembre 2002)

«Il reducismo ispira inesorabili controversie estetico-tricologiche. Ad esempio, sul nero lucente dei capelli di Piero Bernocchi, il Ridge del sindacalismo rivoluzionario italiano, protagonista non pentito dei movimenti del ’68, del ’77 e del ’90 e attuale portavoce nazionale dei Cobas scuola, ecco, sul nero della sua invidiabile capigliatura si è sviluppato l’altro giorno un workshop risoltosi con la quasi certezza della non tintura. Nemmeno uno “sciampino”. Per eredità familiare. Bernocchi è stato l’inventore della spedizione a Camp Darby, che è sembrata la replica delle spedizioni a Comiso, “Yankie go home”, sembrava di essere tornati indietro di venti anni. In realtà l’afflusso di combattenti e reduci di mille movimenti non è che non abbia un impatto politico sulla neonata creatura no global»
(Filippo Ceccarelli, La Stampa, 8 novembre 2002)

«Piero Bernocchi ha un viso affilato da eterno ragazzino. Ma è un leader con 35 anni di attività politica alle spalle, dal ’68 all’ultimo Social Forum di Firenze, passando per il movimento del ’77, la contestazione dei Cobas e il G8 di Genova. Nel movimento dei movimenti rappresenta, con i Cobas, l’ala dura» (Massimo Martinelli, Il Messaggero, 18 novembre 2002)

«Piero Bernocchi, “il cinquantacinquenne più giovane d’Italia”, come lo ha definito Gad Lerner, oltre ad essere il portavoce nazionale dei Cobas, si sta prepotentemente imponendo come l’uomo nuovo della sinistra italiana, quella pura e intransigente» (Tommaso Tintori, Il Tirreno, 28 novembre 2002)

«Il leader dei Cobas Piero Bernocchi, che è un tipo sempre molto sicuro di sé, aveva proposto di tenere il comizio finale al Circo Massimo, cioè nell’unica piazza di Roma capace di far posto a due o tre milioni di manifestanti. Gli altri organizzatori, forse per scaramanzia,hanno preferito ripiegare sulla “solita” san Giovanni, una piazza da un milione di persone o poco più. Risultato: molta gente, sabato prossimo, non riuscirà nemmeno a dare un’occhiata da lontano al palco della dimostrazione contro l’attacco all’Iraq che il 15 riempirà le strade di Roma. Ci saranno almeno un milione e mezzo di partecipanti, ma la cifra viene corretta al rialzo più volte al giorno»
(Michele Concina, Il Messaggero, 11 febbraio 2003)

«Oltre a Bertinotti, l’altro trionfatore della manifestazione anti-Bush è stato Piero Bernocchi, il coriaceo leader dei Cobas. Capace di frenare le frange estremiste, dialogare con i tutori dell’ordine pubblico, far giungere attraversi i camion del corteo il tam-tam che ha isolato qualche violento in cerca di guai. Senza complessi di inferiorità, Bernocchi ha rinfacciato ai leader del centro-sinistra dell’Ulivo, Prodi in testa, “vigliaccheria, ignavia e inconsistenza politica. Mentre almeno 200 mila persone esprimevano il massimo ripudio verso Bush, noi Cobas venivamo aggrediti con insulti e riprovazione da voi in primissima fila, Prodi, Fassino, D’Alema, Rutelli, pronti a gettarvi come avvoltoi su uno slogan gridato da uno sparuto gruppo di giovanissimi, per coprire la vostra vigliaccheria politica”»
(Roberto Scafuri, Il Giornale, 6 giugno 2004)

«Da oggi Bertinotti inizia la sua lunga marcia verso il governo. Scandalo, tradimento, anatema, per una parte del “movimento”, una porzione però tutt’altro che maggioritaria, ma che raccoglie alcune delle aree più radicali e alcuni dei leader che spesso hanno un’influenza superiore alla consistenza delle loro truppe…Piero Bernocchi, capofila dei Cobas, si schiera sul fronte del rifiuto, trattando Bertinotti, però, con ironia, quasi con commiserazione: “Da Prodi ha ottenuto molto, ma solo a livello di immagine, sui contenuti non ha portato a casa niente. Anzi, non ci ha neppure provato: per la prima volta, che io ricordi, un’alleanza politica si è formata senza nessuna trattativa. Conta sul fatto che nessun altro raccoglierà voti alla sua sinistra, che finiranno per votarlo in mancanza di alternative. Ma bisogna vedere cosa succederà dopo. Al governo, Rifondazione farà suppergiù le stesse cose che hanno fatto tutti. E allora il conflitto con il movimento non potrà che esplodere» (Michele Concina, Il Messaggero, 3 marzo 2005)

«”Nella vita ognuno può decidere se mettere il suo piccolo peso a favore del sistema o di cambiare quello che non va. Io non sono religioso, credo che sparirò. E allora, per quello che conta un’esistenza, la voglio spendere a fare qualcosa per chi sta peggio”. Tra poco andrà ad un’assemblea all’Università, si è appena immerso tra i “centomila” in piazza e annuncia che “è sceso in campo l’intellettuale-massa”…Piero Bernocchi, classe ’47, è un uomo felice “ogni volta che c’è un movimento e vedo gente con occhi speranzosi”. Il leader dei Cobas ha guidato il ’68 romano a Ingegneria, si è fatto il ’77, ha diretto Radio Città Futura “dopo la catastrofe del sequestro Moro”, ha bazzicato la Pantera e per 32 anni ha lavorato come insegnante…”A me fanno senso solo quelli che hanno fatto del rinnegare la loro professione, ma tanti vivono onestamente in un cono d’ombra”. E poi ci sono quelli che dicono “povero fesso, perché non vai a fare il parlamentare?”. Meglio l’assemblea all’Università. “Ogni tanto quando vado a letto, mi dico: non ce la faremo mai. Però, quando apro gli occhi la mattina, è più forte di me: e se invece…» (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, 26 ottobre 2005)

«“Ogni volta che c’è un movimento e vedo gente con occhi speranzosi, io respiro” aveva detto Piero Bernocchi davanti a Montecitorio, insieme a studenti e professori a manifestare contro la Moratti e spiegare così la sua grande passione politica. La piazza e il respiro, dal ’68 al 2005.”Ma io Piero lo conosco, è un vecchio amico, lui ha 19 anni mica 58” ride divertito il grande architetto Massimiliano Fuksas, “io ho 61 anni e non vivo di nostalgia, ma non sono contro le manifestazioni, c’ero anch’io a Valle Giulia, l’impegno politico mi piace ancora e capisco Bernocchi: Piero è rimasto innamorato di un periodo della sua vita. La piazza è come la polis, il luogo più alto di civiltà»
(Fabrizio Caccia, Corriere della Sera, 27 ottobre 2005)

«Non bastava prendersela con il ’68. Ora ce l’hanno anche con il ’77. Ne rievocano il fantasma perché 200 mila precari hanno manifestato a Roma e mandato a quel paese il ministri di competenza. E’ vero che le manifestazioni hanno sempre un sapore antico, che Piero Bernocchi sono quarant’anni che manifesta, ha una forma invidiabile, prova che protestare fa bene e che si dovrebbe innalzare l’età pensionabile per i testa-corteisti. Ma a parte questo dettaglio, dov’è lo scandalo? Semmai c’è da chiedersi come mai non abbiano protestato prima e in più gran numero» (Lanfranco Pace, Il Foglio, 9 novembre 2006)

Piero Bernocchi è l’unico essere umano al mondo che sia rimasto completamente immutato in questi ultimi quarant’anni, e sono sicuro che i quarant’anni che gli restano da vivere Piero li trascorrerà tutti a guidare proteste di Cobas che più rauche sono e meglio è
(Giampiero Mughini. Dagospia, 11 dicembre 2006)

«Man mano che i vessilliferi del trasformismo annegano, se ne ergono di nuovi. Uno di questi è Lidia Menapace, neosenatrice, trasformatasi, appena sfiorata la poltrona dell’eletta assise, in Lidia Menaguerra. Era il non plus ultra della non-violenza…Ciò che questa B-52 della pacificazione percepisce come una molesta spina nel fianco ad ogni svolta è un seccatore di prima qualità, Piero Bernocchi con i suoi Cobas e pochi altri. Un Bernocchi monotonamente, e da una quarantina di anni, anticapitalista, antimperialista, anti-inciucista, anti-trasformista, del tutto inetto quanto a virtù di aggiornamento e adeguamento ai valori del momento. Ostinatamente refrattario tanto alla scoloritura dei suoi capelli quanto alle sfilate sulle passerelle degli innovativi stilisti della politica e della morale. Una roccia. E Lidia vi inciampò ripetutamente. Quando alla riguadagnata Festa annuale della Repubblica se lo trovò tra i piedi che trascinava gli insensibili al fascino del “governo amico” in direzione opposta ai carri armati di Prodinotti. Quando in Parlamento si pose a baluardo dei massacri di pace in Afghanistan e Bernocchi le rammentò il suo fiammeggiante pacifismo al tempi dell’uranio di Pace in Jugoslavia» (Fulvio Grimaldi, Mondocane/Fuorilinea, 25 gennaio 2007)

C’era prima, c’è adesso, ci sarà domani. I Movimenti nascono, crescono, muoiono come le certezze. Lui rimane a dispetto del tempo che passa, sempre con la stessa testa tricologicamente perfetta, capelli corvini e manco un filo di bianco. Protagonista ‘non pentito’ dei movimenti, non se ne è perso uno (Marco Imarisio, Corriere della Sera, 9 giugno 2007)

Se stiamo alle cronache recenti, Piero Bernocchi è il grande capo dei Cobas. Ma se guardiamo un po’ più indietro, scoprirete che è l’unico, incontrastato leader di piazza e di corteo, uno che i movimenti politici italiani li ha attraversati e guidati praticamente tutti…Uno abilissimo a stare dentro la protesta radicale, senza però mai scivolare nell’estremismo. Quindi, uno utilissimo nei meccanismi democratici di un paese (Ghost, Corriere della Sera supp. Io donna, 23 giugno 2007)

Bernocchi lo conoscete anche voi, l’avete visto, da 40 anni. In tutte le riprese TV di tutte le manifestazioni e cortei ‘antagonisti’. E’ quello che tratta i percorsi con questori e prefetti, che ammonisce ministri e autorità varie…Rivoluzionario di professione? Bernocchi ha inventato la rivoluzione come impiego ed ha conservato il posto…Come impiegato della rivoluzione meriterebbe finalmente riposo. Ma la storia glielo nega: ultimamente ha organizzato e incarnato una delle due piazze che dovevano spezzare le reni a Bush e anche a Prodi (nds. la manifestazione anti-Bush del 9 giugno 2007). Alla conta dei manifestanti, sua è stata la piazza vincente. Lo hanno riconosciuto contriti sia Giordano sia Diliberto, che gli hanno reso entrambi l’onore della ragion politica. Lunga lotta, dunque, all’intramontabile Bernocchi, uno che è arrivato a 60 anni facendo sempre la stessa strada: in corteo (Mino Fuccillo, Giudizio Universale n.25, luglio/agosto 2007)

“Bernocchi è Bernocchi, senza se e senza ma, e ha la miracolosa facoltà di non invecchiare e nemmeno di ravvedersi. Mai un momento di stanchezza, una defaillance, un pentimento anche piccolo, un’ombra di ‘nuovismo’ oggi tanto di moda. Niente, zero…Contesta a tutto campo il leader Cobas e sempre in modo diretto, senza politichese, abbondano la passione, l’incazzatura e anche la lucidità di chi è sempre stato ‘dentro’ nella lotta e sempre da una parte sola. Bernocchi, uno che da 40 anni alle offerte di un posto in Parlamento, risponde: no grazie, preferisco stare con i movimenti. Uno che, dopo quaranta anni di ‘carriera’ vanta un reddito mensile di 1700 euro. Non sarà ‘pazzo’?
(Maria R. Calderoni, Liberazione, 21 maggio 2008)

Non è un uomo, è una macina. Ha ‘triturato’ in tutta semplicità e candore, tutti i movimenti dagli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, Novanta e: ‘Guarda, di nuovo Bernocchi’, dicono ancora negli anni Duemila. Lui c’è. C’è sempre (Andrea Marcenaro, Il Foglio, 29 ottobre 2008)

«“Gli aquilani non possono impedirci di venire a manifestare” dice Piero Bernocchi. Il portavoce dei Cobas, arrivato in Via Veneto con il solito impeccabile capello corvino, nonostante i 61 anni, non ha rinunciato a prendersi la doppia ribalta, oggi a Roma e venerdì a L’Aquila, nonostante molti comitati locali gli abbiano fatto capire che l’iniziativa non é gradita…Bernocchi, nel ramo delle manifestazioni, é un “professionista” ben conosciuto, protagonista “non pentito” del ’68, del ’77, del ’90 e del ’99 a Seattle. Insomma, anche questo movimento potrebbe passare, lui invece rimarrà sempre » (Anais Ginori, La Repubblica, 8 luglio 2009)

«Se la situazione non é degenerata bisogna dire grazie agli agenti rimasti di marmo e soprattutto al vecchio padre dei Cobas, Piero Bernocchi, arrampicatosi sul furgone imbandierato a strappare lui il microfono all’esagitata  per dire che “non è vero niente, non é stato arrestato nessun compagno. Non diamo notizie del genere, non ci possiamo permettere di fare casino. Adesso basta, torniamo a Roma, tutti sui pullman, avanti”. Gli animi surriscaldati si raffreddano mentre il servizio d’ordine dei Cobas si dispiega rapido e compatto . Un’immagine senza precedenti che dà il senso della giornata epocale». (Gian Marco Chiocci, il Giornale, 11 luglio 2009)

«Se Piero Bernocchi, da un palco a Piazzale Kennedy avvolto nella paura e nella rabbia , non fosse riuscito a convincere migliaia di persone ad evitare il terreno di gioco in cui volevano trascinarci, la partecipazione degli ultimi dieci anni sarebbe stata stroncata. Chi ha assaggiato gli anni di piombo sa di che parlo». (Raffaella Bolini, “Quarto Stato”, 18 luglio 2011)

«I buoni erano la stragrande maggioranza, erano tanti e sono stati sconfitti dalla violenza di pochi, che erano nella pancia della manifestazione, quasi impossibile espellerli.
Ci ha provato in ogni modo Piero Bernocchi, lo storico leader dei Cobas e gliene va reso merito. I due gruppi sono venuti a contatto. Schiaffi, qualche pugno, tanti insulti.
Due mondi contigui eppure così diversi. I suoi militanti  premevano per lo scontro fisico, Bernocchi ha scelto una soluzione intelligente. Si é fermato, ha creato uno spazio,
una lingua di asfalto tra loro e il resto del corteo che seguiva. In quel momento sospeso, quando nessuno si muoveva, é stato tutto chiaro. La rabbia della gente, più veloce
della polizia a capire che le cose si stavano mettendo male: quel gruppo si faceva scudo degli altri, dei veri indignati, quelli con la faccia scoperta» (Marco Imarisio, Corriere della Sera, 16 ottobre 2011)

«Adesso c’é poca voglia di parlare. L’unico che ci mette la faccia é Piero Bernocchi, il leader dei Cobas. Fino a pochi anni fa, quelle che vengono definite “frange estreme” finivano sotto le sue bandiere e almeno si sapeva dove erano. Adesso anche lui e gli ex-Disobbedienti di Luca Casarini agli occhi degli “sfasciacarrozze” sono diventati di destra. Dice Bernocchi: “Questi fingono di non riconoscere più alcuna rappresentanza politica o sociale. Ma fanno parte anch’essi della politica politicante. Pensano che si sia aperto uno spazio a sinistra e lo vogliono coprire, diventando ingestibili”. Nella corsa di chi è più a sinistra ed estremo, nasce l’attacco alla manifestazione. Volevano dimostrare che gli altri non sono in grado di rappresentare nessuno. Bernocchi ne é convinto: “Avevano detto di voler assediare i palazzi del Potere ma non li hanno nemmeno sfiorati. L’unico “palazzo” da assaltare eravamo noi del Comitato organizzatore  e quindi Piazza San Giovanni» (Marco Imarisio, Corriere della Sera, 17 ottobre 2011)

«Rissa televisiva a “Pomeriggio 5” tra Filippo Facci, giornalista di Libero, e Piero Bernocchi capo dei Cobas e fine matematico. Urla, insulti, qualche calcio e poi, salvifico, il quintalesco placcaggio di Paolo Liguori per salvare la chioma di Facci da sicura rivoluzione. Chi si è divertito è Liguori: “Facci è un tipo dall’Ego senza limiti. La cosa che l’ha fatto più incazzare è che Bernocchi non sapesse chi lui fosse. Faceva il galletto, voleva lo scontro e, per evitare il peggio, l’ho bloccato. Guarda che questo ti crocchia, gli ho detto. Bernocchi lo conosco, è simpatico, ma è un’altra pellaccia. Facci se la sarebbe vista brutta» (Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano, 22 novembre 2011)

«Se persino Piero Bernocchi dei Cobas, fiero sindacalista ribelle, preferisce promuovere un corteo che rimane lontanodai palazzi della politica, il No Monti day del prossimo 27 ottobre,
rinunciando in questo modo a simulare l’assedio parlamentare di Madrid oppure le rivolte di piazza Syntagma, allora significa che gli Occupy americani rimangono un sogno borghese,
un applaudire alle ribellioni altrui, schifando le proprie. Perché fare opposizione movimentista in Italia oramai é impossibile e per molte ragioni. Senza dare la colpa a Bernocchi».
(Laura Eduati, Gli Altri, 15 ottobre 2012)

«Un filo rosso collega i movimenti Occupy, gli Indignados ai Laboratori dei Beni comuni: é una richiesta di democrazia integrale e diretta. E’ la trama del Benicomunismo: una idea di gestione della politica e della società non affidata a professionisti ma spalmata su gran parte della società, con una reale socializzazione del potere. Piero Bernocchi, leader storico dei Cobas, nel suo nuovo libro “Benicomunismo”, dipana questo filo e ne segue gli sviluppi . Un volume tra i più interessanti perché adotta una prospettiva “in soggettiva” che l’Autore agisce da protagonista, dal ’68 all’insorgenza di Genova, dalla nascita dei sindacati di base alle leadership popolari in America latina»
(Monica Di Sisto, Comune.net, 24 gennaio 2013)

«Mi pare importante che tra noi si costruisca un dialogo – e “Benicomunismo”, il nuovo libro di Piero Bernocchi, ce ne dà la straordinaria possibilità – intorno alle grandi questioni di natura strategica: chi siamo, dove siamo interessati ad andare, con quali strumenti, sulla base di quali analisi. Il libro di Bernocchi é un libro “classico” perché ha molto a che vedere con la migliore tradizione del marxismo e dell’elaborazione del movimento operaio novecentesco. Quella di Bernocchi é un’analisi organica, dialettica, coerente, rigorosa (addirittura filosofica, laddove affronta i fondamenti etici, teoretici e ontologici dell’essere umano) che propone terreni di ricerca e risposte, a partire dal nodo per antonomasia della cultura comunista: il tema del potere»
(Simone Oggionni, Centro di documentazione Pistoia n. 231, 1 febbraio 2013)

«E’ raro che esponenti di primo piano di movimenti sociali sappiano misurarsi con grandi e spinose questioni di spessore teoretico. Questo é ciò che fa Piero Bernocchi con la sua ultima fatica, “Benicomunismo”. Non é la prima volta che il Nostro si cimenta sul terreno teorico-politico. Tuttavia “Benicomunismo ” si stacca dai libri precedenti, già segnati dalla decostruzione del pensiero marxista e da una critica implacabile del “comunismo novecentesco”. Questa volta la resa dei conti con la vulgata marxista é categorica, definitiva, filosofica. Bernocchi suggerisce, alle forze sociali che si battono per andare oltre il capitalismo, soluzioni possibili per dare forma ad una società che, sancita la radicale discontinuità con i “socialismi reali”, tenga assieme uguaglianza sociale e diritti di libertà, verificando le sue conclusioni alla luce degli sviluppi del pensiero contemporaneo, in economia, diritto, sociologia, psicoanalisi, filosofia, antropologia»
(A proposito di
 Benicomunismo, Sollevazione.it, 13 aprile 2013)

«Ma Piero, lo chiamo Piero perché sono 35 anni che lo conosco, quando facevamo le manifestazioni da studenti, i più grandi di noi andavano da lui e si diceva: Bernocchi decide oggi se c’é casino oppure no. Poi io, dieci anni dopo da cronista e via via fino ad oggi, vado ancora da Bernocchi e gli chiedo: come é oggi la piazza? Come é il corteo di oggi? C’é sempre Bernocchi. Devo dire che questo vostro servizio su di lui é strepitoso, indimenticabile, memorabile» (Fabrizio Roncone, Bersaglio Mobile, La 7, 14 novembre 2014)

In lui la figura del contestatore assume i contorni della vocazione, di un rivoluzionario di professione presente da quasi mezzo secolo ad ogni appuntamento con la storia, alla testa di tutti i movimenti dal’68 in poi, con i capelli che restano neri come la pece
(Enrico Mentana, Bersaglio Mobile, La 7, 14 novembre 2014)

«Chi sa creare lessico, é già a metà dell’opera. E indubbiamente la formula dello “sciopero sociale”, lanciata dai Cobas per la giornata di ieri, é mediaticamente accattivante. Ma, messe da parte le tecniche di comunicazione, cosa sta veramente dietro la formula dello “sciopero sociale”? La risposta é semplice: chi da anni frequenta le piazze, come l’irrottamabile portavoce dei Cobas Piero Bernocchi, ha capito che per creare l’effetto protesta e caos basta sommare un corteo e un blocco dei trasporti pubblici ed il risultato é garantito» (Dario Di Vico, Corriere della sera, 14 novembre 2014)

«Con il suo nuovo libro “Oltre il capitalismo” Piero Bernocchi, leader intramontabile della Confederazione Cobas, approfondisce quanto già esposto nel precedente “Benicomunismo”. Sorprende in maniera positiva questa seppur tardiva riflessione sulle degenerazioni congenite del marxismo, individuate nel fulcro dottrinale e non nelle deviazioni staliniane: e il testo può senz’altro definirsi onesto e coraggioso. Uno degli esponenti più in vista, e duraturi, della nuova sinistra italiana afferma senza mezzi termini come la sinistra nata dal ’68 in realtà sia stata novecentesca, nostalgica, confusa. Viene da pensare a quale piega avrebbero preso gli avvenimenti post-sessantotteschi se si avesse avuto allora il coraggio, l’intelligenza, l’onestà o il necessario disincanto per prendere le distanze dal comunismo autoritario» (Pippo Gurrieri, Rivista Anarchica, marzo 2015)

Piero Bernocchi, leader dei Cobas, è antagonista in servizio permanente. Con il vecchio Piero feci la prima occupazione di facoltà e manifestazione di piazza quarantasette anni or sono. Come tutti quelli fisicamente ben allenati che sembrano sempre baciati dall’eterna giovinezza, è uguale a quello di un tempo, il viso solo leggermente più segnato, il corpo da cultore delle arti marziali. Non ha mai avuto dubbi, è sempre stato dalla parte degli umiliati e degli offesi, quando si dice una traiettoria lineare, un’autostrada senza caselli d’uscita. Il tempo non sempre è galantuomo, a volte è inutile. In politica refrattario è chi trasforma la coazione a ripetere in coerenza personale: così non si rigenera, non cambia, non vive, e in attesa della palingenesi finale si riduce a testimone di un passato che non ha presente (Lanfranco Pace, Il Foglio, 3 marzo 2015)

«Il governo Renzi si é riempito la bocca della “disintermediazione” usata come parola-talismano e si trova oggi a fronteggiare il blocco degi scrutini  indetto dai Cobas di Piero Bernocchi, un attivista la cui longevità politica rivaleggia con quella di Fidel Castro. Come é potuto accadere?» (Dario Di Vico, Corriere dela sera, 17 maggio 2015)

Sei il grande capo dei Cobas. Hai convocato lo sciopero per bloccare gli scrutini in tutte le scuole, sei nei titoli dei giornali ancora una volta. Con i tuoi 67 anni, gli ultimi 50 trascorsi a difendere i più deboli, potrebbe bastarti: e invece no, pensa Piero Bernocchi. Membro del Forum Sociale mondiale, ultimo incontrastato leader di piazza e di corteo, era a Valle Giulia quando le camionette della polizia sgommavano e poi non è più mancato (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 18 maggio 2015)

“Bernocchi l’ho conosciuto nella primavera del ’68. Era stato uno dei protagonisti della battaglia di Valle Giulia, che diede il via al Sessantotto. Era un leader, contestava la scuola di classe, la borghesia e il capitalismo, il ministro dell’Istruzione Gui, che dopo pochi mesi cadde. Bernocchi no, restò alla testa del movimento e da allora, sempre con le stesse idee, contestò e vide cadere 28 ministri della Pubblica istruzione, tra i quali due futuri presidenti della Repubblica, Scalfaro e Mattarella. Oggi Bernocchi è sempre lì, non ha mai cambiato idea, ha sempre guidato una sinistra molto radicale, anche negli ‘anni di piombo’, senza mai farsi sfiorare dalla lotta armata. Ha guidato i movimenti pacifisti, i no global, i Forum mondiali, ma è sempre rimasto anche un sindacalista e nelle lotte della scuola ha creato il suo regno. Oggi la politica è essenzialmente trasformismo. Piero Bernocchi è l’esatto opposto, in quasi mezzo secolo non si è spostato nemmeno di un centimetro. E’ uguale ad allora persino di aspetto, sfiora i settant’anni ma sembra un ragazzetto…Bernocchi ha perso tutte le battaglie. Però molto spesso aveva ragione. Forse aveva ragione quasi sempre (Piero Sansonetti, Il Garantista, 19 maggio 2015)

“Piero Bernocchi figurerebbe bene sul palcoscenico di un teatro, protagonista di una pièce drammatica. Invece fa il sindacalista: è il duro e indiscusso leader dei Cobas. Ma la ribalta ce l’ha ugualmente: sono le piazze nelle quali signoreggia da anni. E ha pure un pubblico affezionato: ora sono gli statali, ora gli infermieri, recentemente (ndr. la mobilitazione della scuola contro la legge 107 nella primavera-estate 2015) erano i docenti, i bidelli, i precari e gli studenti che hanno manifestato contro la scuola di domani prevista dal governo Renzi. Bernocchi ha una certa età, 67 anni, ed è un insegnante in pensione. Ma, come agitatore, non demorde: è in servizio permanente effettivo (Guido Quaranta, L’Espresso, 18 giugno 2015)

E’ nuovo allarme democratico nella scuola, contro i test Invalsi. Si ribellano i ragazzi con lo slogan ‘Siamo studenti non numeri’. Li spalleggiano gli insegnanti dei Cobas, guidati dall’antagonista globale in servizio permanente Piero Bernocchi classe ’47 e stessa pettinatura dai tempi di Valle Giulia (Il Foglio, 4 maggio 2016)

«L’Italia ha avuto il Sessantotto più lungo di tutti ed é stato l’unico paese ad avere un secondo ’68, perché il movimento del ’77 ripresentò alcuni dei “topoi” del ’68, le manifestazioni, le assemblee, le occupazioni, la formazione di ragazzi che si conoscevano con la generazione precedente. Poi, chi in un modo, chi in un altro, tutti noi abbiamo fatto altre cose nella vita. Con qualche rara eccezione, come Piero Bernocchi, che ancora oggi é leader dei Cobas, i sindacati di base. Per 50 anni é stato la testimonianza vivente di un’idea che non si é mai interrotta. Lui é rimasto lì, a testimoniare quello che fu» (Paolo Mieli, Micromega 1/2, febbraio 2018)


«Il primo marzo di 50 anni fa, la battaglia di Valle Giulia segnò l’inizio del Sessantotto romano. E’ lunghissimo l’elenco di tutti quelli che erano là e nel corso del tempo hanno imboccato i sentieri più diversi, professori, parlamentari, archistar, terroristi o eterni agitatori politici come Piero Bernocchi il quale, a mezzo secolo di distanza, organizza ancora antagonisti e comitati di base» (Stefano Cingolani, Panorama, 28 febbraio 2018)

«Tra adolescenti con le treccine bionde e goffi liceali, compare il compagno Piero Bernocchi, il gran capo dei Cobas, che già faceva il capo quando noi cronisti sfilavamo da liceali arrabbiati e che adesso sta ancora qui, con i suoi capelli perfettamente neri, l’aria di dover restare comunque testimone. “Guarda che potenza esprimono, possono rovesciare il mondo. Però, sempre augurandoci che il capitalismo da nero non diventi verde”. Il monito di Bernocchi rotola nel corteo». (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 28 settembre 2019)

 Aldo Torchiaro, Il Riformista, 17 luglio 2021: «Venti anni fa, Genova, la Diaz, l’uccisione di Carlo Giuliani. Il portavoce nazionale dei Cobas, Piero Bernocchi, un leader di una stagione allergica ai leader come il ’68, torna ad organizzare la piazza e prepara per ottobre la ripartenza di un movimento unitario della sinistra antagonista».

Spicca tra le valutazioni l’”immutabilità fisica e politica“ di Bernocchi- pure con il costante riferimento alle ”anomalie” della capigliatura “rigogliosa e permanentemente corvina” e del fisico “palestrato da ventenne”– lo stare “sempre dalla stessa parte, senza una defaillance o un pentimento”, il suo non aver mai cambiato idea e posizione a fianco dei più deboli, sfruttati, diseredati, emarginati. Ben poco presente é invece la valutazione della sua produzione teorica e della sua attività di scrittore/saggista. Il ché, in certi commenti malevoli, permette di presentare l’immagine di un leader “refrattario, con coazione a ripetere, che non si rigenera”, “bloccato” in una sorta di fissità, “prigioniero di un passato che non ha un presente”: immagine che peraltro contrasta platealmente con la capacità, ripetutamente dimostrata (come scrive ad esempio, nel brano qui citato, Piero Sansonetti) da Bernocchi, di ritrovarsi sempre protagonista di movimenti, lotte ed organizzazioni che, in decenni e situazioni diverse, hanno sovente messo in difficoltà il quadro politico e i partiti e sindacati esistenti. Resta questa coltre di oscurità e rimozione del profilo teorico, ideologico, filosofico e culturale di Bernocchi, a dispetto del migliaio di articoli e saggi nonché dei 15 libri da lui prodotti in mezzo secolo: fino alla complessa, originale, innovativa – e assai apprezzata, come si potrà verificare in altra parte del sito, da quei pochi specialisti che vi si sono cimentati – elaborazione sul benicomunismo e su una possibile società postcapitalistica, radicalmente diversa, opposta e lontanissima dal “socialismo reale”. Tale oscuramento ha impedito a tanti commentatori, critici e opinionisti politici e sindacali di notare e segnalare le profonde differenze teoriche, ideologiche e culturali – soprattutto nei riguardi del marxismo, del leninismo e della disastrosa parabola del socialismo novecentesco, dell’analisi del capitalismo contemporaneo, delle classi, del ruolo dello Stato, dei partiti, dei sindacati e dei movimenti – tra il Bernocchi protagonista del ’68 e degli anni Settanta del secolo scorso, e il leader e portavoce dei COBAS e del movimento altermondialista/no-global (nazionale e internazionale) di questo secolo. Altro che “fissità”: si tratta di significative differenze che smentiscono palesemente la lettura prevalente di un esponente politico, sindacale e culturale immutato e immutabile, tenacemente e testardamente ancorato alle idee, alle esperienze e alle modalità politiche e ideologiche del ’68 e degli anni Settanta del Novecento: una “immutabilità” presunta che oltretutto renderebbe inspiegabile l’estrema adattabilità di Bernocchi a tutti i principali conflitti degli anni di questo secolo, che gli ha consentito di essere protagonista nei movimenti, organizzazioni e lotte del XXI secolo come nei decenni precedenti.