Forse è troppo drastico Illuminati quando, nel suo volume già citato sulle classi sociali e a proposito dell’interpretazione marxiana di esse, così commenta:

«A differenza del ceto, che ha una sua rilevanza morale e solidaristica, la classe non conosce solidarietà. Al suo interno l’unica forma di coesione risulta dalla comune lotta contro un’altra classe; per il resto gli individui che ne fanno parte non hanno tra di loro altra relazione che quella ostile della concorrenza. L’elemento primario è dunque la lotta: la solidarietà è insieme secondaria e abbisogna di una mediazione, cioè pone il problema dell’organizzazione della classe in vista di comuni interessi. Si hanno così le formazioni corporative, i sindacati degli industriali, degli operai, dei contadini, la variegata rassegna dei gruppi di pressione e di veto, che si frappongono tra il ceto residuo e la classe, uniformi o almeno concordi sulle grandi linee nei periodi favorevoli, divisi e frantumati sotto i colpi delle crisi, quando si riapre la concorrenza e la morte di un uomo è condizione per la sopravvivenza dell’altro…Riemerge allora il dato istintivo, primario: la concorrenza tra capitalista e capitalista, fra operaio e operaio, le battaglie dei prezzi, il crumiraggio…In sostanza, la classe appare come espressione universale-astratta dell’eguaglianza delle condizioni di vita e di produzione per determinati gruppi di uomini, tra loro antagonisti come gruppi e in parziale antagonismo entro la stessa classe: la classe è dunque una manifestazione dell’alienazione dell’essenza umana»32.

Ma di certo c’è una bella differenza tra quella vera e propria macchina da guerra (di classe) che sembrerebbe il proletariato operaio nella descrizione del Manifesto, dell’Antiduhring e degli altri testi di divulgazione politica – “macchina” potente, compatta e in via di totale omogeneizzazione – e la classe delineata nelle altre opere filosofiche o più teoriche, pressoché contemporanee, ove invece tra i suoi componenti la norma sarebbe la competizione e il conflitto, che però all’improvviso verrebbero annullati al momento di battersi, quasi magicamente tutti uniti e senza più alcuna concorrenza/divisione all’interno, contro l’avversario, il capitalista, il borghese. Classe operaia che per giunta, in questa ben diversa lettura, abbisognerebbe comunque, per essere tale, di riconoscersi e di trasformarsi da classe in sé (cioè come pura struttura sociologica) in classe per sé, cioè pienamente consapevole dei propri interessi storici collettivi – il superamento del capitalismo e delle società divise in classi – andando oltre la lotta quotidiana per il salario e per il lavoro. Coscienza di sé che per altro né Marx né Engels spiegarono da dove, e come, dovesse provenire: domanda la cui risposta arriverà brutalmente negli anni successivi con Kautsky e Lenin che, senza giri di parole e fumoserie, affidarono l’opera di coscientizzazione alla teoria comunista portata dall’intellettualità borghese, dall’esterno, agli operai incapaci da soli di sollevarsi dal livello della lotta quotidiana per la sopravvivenza. In definitiva, credo che la radice di queste contraddizioni lampanti resti la scissione tra il Marx “scienziato” del Capitale e della società capitalista, che non poteva evitare di vedere la crescente complessità nella struttura sociale del nuovo sistema dominante e nell’articolazione delle classi e degli strati sociali in esso; e il Marx idealista e politico rivoluzionario, spinto alla più drastica delle semplificazioni perché bramoso di trovare una leva miracolosa – compatta, potente, indistruttibile e deterministicamente destinata a funzionare – per rovesciare il capitalismo e instaurare una nuova società che eliminasse tutte le divisioni e differenze di classe. Mi pare questa la contraddizione di fondo, che pure su questi temi ne riprodusse altre a cascata. Come ad esempio il contrasto evidentissimo, in tema di unificazione delle condizioni di vita, di lavoro e di salario degli operai, tra il Marx del Manifesto (1848) ove si può leggere che:

«Con lo sviluppo dell’industria il proletariato non cresce solo di numero, esso si addensa in grandi masse…Gli interessi, le condizioni di esistenza all’interno del proletariato si livellano sempre più, perché la macchina cancella sempre più le differenze del lavoro e quasi dappertutto riduce il salario ad un uguale basso livello»33