«La sociologia propriamente detta nasce in cosciente opposizione metodologica al marxismo..e in particolare in Max Weber il tipo ideale di spirito capitalistico e di burocratizzazione opera in contrapposizione alle marxiane classi e al loro rapporto con lo Stato, così che le classi sociali figurano in Weber soltanto in relazione alla sfera del mercato e della distribuzione. In Schumpeter poi è esplicitata la scissione di economia e sociologia, e il parallelismo tra le due categorie serve soltanto a consentire un rilancio del garantismo liberale e della teoria delle élites. Negli epigoni il carattere apologetico e la negazione strumentale dell’esistenza delle classi sociali sono apertamente visibili e assumono il carattere di una operazione di rimescolamento delle carte, al fine di proclamare ideologicamente la limitazione dei conflitti e il mantenimento di un certo equilibrio e integrazione sociale. In questo quadro hanno assunto uno spiccato significato le teorizzazioni sulla crescita del ceto medio, sull’onnipotenza burocratica e sulla stratificazione a fattori multipli (status, prestigio, occupazione, reddito, coscienza ecc..)»64.

Di certo, diluire il concetto di classe al punto da renderlo inservibile, presentando schemi e criteri che, proprio mentre si auto-esaltavano per “scientificità” e per la liberazione dalle precedenti ideologie, erano in realtà prodotti iper-ideologici – finalizzati alla cancellazione culturale e politica del conflitto sociale basato sulle contrapposte collocazioni nei rapporti produttivi -, non è la strada da seguire; così come è dannosa l’eccessiva enfatizzazione della mobilità sociale nel capitalismo sviluppato, che impedirebbe ogni fissazione stabile di categorie legate alla struttura produttiva e riproduttiva. Pur tuttavia, vari elementi trattati da Weber e dalla sociologia “borghese” successiva trovano riscontro non solo nell’ideologia capitalistica dominante oggi, ma anche in concreti fatti strutturali e sociali, che sarebbe sbagliato trascurare o ignorare. Ad esempio, la crescita vistosa delle “classi medie” nel capitalismo del Novecento non è stata un’invenzione strumentale di Weber e soci, e in tutta evidenza contrasta radicalmente con le analisi marx-engelsiane e dei comunisti “scientifici” che prevedevano al contrario la progressiva dissoluzione di tutte le stratificazioni sociali intermedie tra capitalisti e operai. Lo stesso è valso, fin dalla seconda parte dell’Ottocento nei paesi capitalisticamente più sviluppati, per il cosiddetto imborghesimento del proletariato, che gli stessi Marx ed Engels non avevano potuto evitare di citare – come ricordato poche pagine fa – negli ultimi decenni della loro vita, creando addirittura una terminologia specifica per un’ampia fascia di operai (la cosiddetta aristocrazia operaia). Così come per l’influenza massiccia dei nazionalismi e dei conflitti religiosi ed etnici, richiamati anche da Marx e da Engels a proposito della subordinazione della classe operaia inglese alla propria borghesia, con il contemporaneo scontro e radicale ostilità tra proletari inglesi e irlandesi; per arrivare infine alla crescita esponenziale del “potere burocratico” – meglio definibile come il progressivo dominio della borghesia di Stato e dei funzionari del Capitale – di cui sia Weber sia Schumpeter avevano previsto il trionfo nel “socialismo reale” dell’Est e il ruolo sempre più rilevante nella gestione della macchina capitalistica ad Ovest, attraverso il possesso effettivo del capitale da parte degli organi “collettivi” dei Consigli di amministrazione.