Lettura discutibile sull’inevitabilità dei negativi sviluppi di un modello teorico, politico e organizzativo? Resta il fatto però che, un secolo dopo, il leader del PCI post-bellico Palmiro Togliatti, a cui certo non si poteva imputare il “reato” di idealismo, così entusiasticamente giudicava il percorso storico del marxismo e la sua traduzione politica nel “socialismo” sovietico:

“E’ l’analisi storica del Manifesto, il capolavoro di Marx ed Engels, che direttamente fa scaturire i compiti rivoluzionari concreti del proletariato….(esso) non può più liberarsi dalla classe che lo sfrutta e lo opprime – la borghesia – senza liberare, ad un tempo e per sempre, tutta la società dallo sfruttamento, dall’oppressione e dalle lotte tra le classi…(con) l’inevitabile obiettivo sviluppo della lotta di classe sino alla conquista del potere e alla instaurazione della dittatura proletaria come strumento per governare e trasformare la società nell’interesse della grande maggioranza degli uomini, e cioè come vera democrazia che sopprime ogni differenza di classi e ogni forma di sfruttamento degli uomini”(34).

“(In questi cento anni) l’arsenale del marxismo si è arricchito di molte altre armi. Lenin e Stalin hanno sviluppato tutta la nostra dottrina, in tutti i campi..I rapporti tra il proletariato e i contadini, prima e dopo la rivoluzione; le vie da seguire per dirigere la costruzione socialista e preparare il passaggio al comunismo; il carattere del nuovo Stato socialista e le condizioni della sua estinzione; questi ed altri problemi di capitale importanza sono stati affrontati e risolti…Chi ha saputo guidare la classe operaia sono stati i partiti rimasti fedeli all’insegnamento di Marx ed Engels nel modo più scrupoloso, è stato il Paese della dittatura proletaria..Gli sforzi dell’imperialismo per ricomporre il sistema del suo dominio mondiale sono finora stati vani e tali continueranno ad essere. La storia marcia inesorabile sulla via tracciata cento anni fa dal pensiero titanico di Carlo Marx e Federico Engels..Cento anni di pensiero, di azione, di sacrifici, di lotte e di vittorie sono pegno sufficiente di trionfo immancabile”(35).

A cento anni di distanza dalla pubblicazione del Manifesto, il determinismo e il trionfalismo che trasudavano da questi brani di Palmiro Togliatti non erano certo sinceri. Essendo scampato ai peggiori orrori staliniani, e conoscendoli de visu avendo partecipato ad un buon numero di essi, il leader del PCI non credeva sul serio che la “dittatura proletaria” in Urss avesse posto fine alla lotta di classe, liberato dallo sfruttamento gli operai e i salariati, messo in mano ai lavoratori la gestione della società, risolto i problemi del passaggio al comunismo e dell’estinzione prossima dello Stato. Ma era, credo, convinto di essere rimasto, come Stalin e il gruppo dirigente del Partito Comunista sovietico, “fedele all’insegnamento e al pensiero titanico di Marx ed Engels”.