Possiamo ritrovare il nocciolo duro della critica marxiana alla filosofia hegeliana (che sia nel testo omonimo sia nella restante produzione teorica Marx ed Engels fanno coincidere con l’Ideologia Tedesca, a causa del dominio culturale del pensiero hegeliano sulla società borghese tedesca) in questi brani, tratti appunto da quella ponderosa e minuziosa opera di vivisezione e destrutturazione dell’hegelismo che è L’ideologia tedesca:

“La produzione delle idee e della coscienza è direttamente intrecciata all’attività materiale degli uomini. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono come emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica. Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni ed idee, ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un determinato sviluppo delle forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono. La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall’essere cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro vita… All’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono e si immaginano per arrivare agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo dei riflessi ideologici….Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e le forme di coscienza che a esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. Esse non hanno storia ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero(38). Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza” (39).

Con questi scritti, la messa a nudo dell’idealismo hegeliano era, a parere di Marx e di Engels, definitiva e irrevocabile. Porre con i piedi per terra l’analisi della realtà, rovesciare l’ideologia e la filosofia dominante che “discendevano dal cielo sulla terra, procedendo con le gambe all’aria”, significava chiudere, una volta per tutte, non solo con la filosofia hegeliana o tedesca, ma con la filosofia tout court come ricerca astratta della verità assoluta.

“Là dove cessa la speculazione, nella vita reale, comincia la scienza reale e positiva, la rappresentazione dell’attività pratica, del processo pratico di sviluppo degli uomini. Cadono le frasi sulla coscienza e al loro posto deve subentrare il sapere reale. Con la rappresentazione della realtà la filosofia autonoma perde i suoi mezzi di esistenza. Al suo posto può tutt’al più subentrare una sintesi dei risultati più generali che è possibile astrarre dall’esame dello sviluppo storico degli uomini. Di per sé, separate dalla storia reale, queste astrazioni non hanno assolutamente valore.
Esse possono servire soltanto a facilitare l’ordinamento del materiale storico, ma non danno affatto, come la filosofia, una ricetta o uno schema sui quali si possano ritagliare e sistemare le epoche storiche”(40).