Cobas Scuola

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Non andremo a farci dire come insegnare dagli Invalsiani e dalle aziende!

Contro la scuola-quiz, boicottare l’Invalsi insieme agli studenti

Il varo definitivo del decreto-legge sulla scuola, pomposamente titolato “L’istruzione riparte” (ma per dove?), è stato salutato da un coro di elogi da parte dei sostenitori della scuola-miseria e della scuola-quiz, che hanno sottoscritto le valutazioni della ministra Carrozza la quale aveva affermato: “Dopo anni di sacrifici, di tagli alla cieca, questo decreto restituisce finalmente risorse e centralità al mondo dell’istruzione. Sono orgogliosa del lavoro fatto”. Risorse? Centralità? Ci sono forse massicci investimenti per una istruzione a cui lo Stato dedica solo l’8,4% della propria spesa contro una media nell’Unione Europea dell’11%? Per rendere gli istituti scolastici (gran parte dei quali è a rischio) degni di una scuola di qualità? Per restituire finalmente salario a docenti ed Ata, che, con i contratti e gli scatti di anzianità bloccati, hanno perso il 15% del reddito negli ultimi cinque anni e sono il finalino di coda delle retribuzioni europee? Macché!! Carrozza e i suoi fans cercano di rendere un elefante il topolino dei 115 milioni per borse di studio agli studenti (su cui ovviamente non si sputa) e l’altra manciata di milioni (una quarantina in tutto) per evitare la “dispersione scolastica” e per mandare docenti ed Ata nei musei.

In quanto alla “centralità”, Carrozza la riserva non già alla scuola pubblica ma alle aziende e a quella loro “longa manus” che è l’orribile Invalsi come metro di valutazione di scuole, docenti e studenti e come distributore agli stessi di premi e punizioni. Perché il veleno del decreto sta in articoli che sono pressoché ignorati da politici e laudatores. Nell’art.16, innanzitutto, che impone ai docenti, che lavorano nelle zone in cui i risultati dei quiz Invalsi siano inferiori alla media nazionale, l’obbligo di andare “a ripetizioni” di quiz, di partecipare cioè ad un addestramento coatto, ad una sorta di “rieducazione”, che li renda succubi dell’apprendimento tramite indovinelli; e addirittura impone di svolgere tale attività anche “presso imprese..all’interno del contesto aziendale, al fine di promuovere lo sviluppo professionale specifico dei docenti”. Gli insegnanti dovrebbero andare ad apprendere come insegnare i quiz in aziende estranee alla scuola e che per lo più non sanno neanche come salvare se stesse, una volta venute meno le laute sovvenzioni statali.

E sempre in queste mitiche aziende, che stanno soccombendo nella competizione internazionale, dovrebbero trasferirsi anche gli studenti dell’ultimo biennio delle superiori, con “contratti di apprendistato” che li allontanerebbero dalla scuola, al fine, recita l’art.8, “di far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro”: e analogo apprendistato viene introdotto per gli universitari nell’art.14. A sigillare il tutto, interviene l’art.18 che fa assumere 47 ispettori ministeriali (pagati circa 140 mila euro l’anno) per fare da “cani da guardia” al trionfo dell’Invalsi come criterio-guida della qualità dell’istruzione e far vedere i sorci verdi ai docenti che non si subordinano ai quiz.

C’è nel decreto un solo punto relativamente positivo: e non è certo quello della rituale promessa di assunzione di precari (il numero sbandierato non copre neanche il turn over dei pensionamenti) e degli insegnanti di sostegno, visto che con i BES (i Bisogni educativi speciali, riconfermati nel decreto) li si vorrebbe progressivamente eliminare, affidando tale delicatissimo incarico a docenti qualsiasi. Si tratta invece dell’annullamento, almeno per tre anni, della “deportazione” dei docenti “inidonei” nei ruoli Ata. E’ una vittoria di una lotta coraggiosa e tenace, ma non definitiva perché dal 2016 si riapre la possibilità della mobilità intercompartimentale (seppur teorica, in una fase di ridimensionamento in ogni comparto della PA) che dovremo far cancellare con ulteriori iniziative.

E va sottolineato che grazie a tale vittoria i precari Ata, che si sono efficacemente affiancati agli “inidonei” nella lotta comune, dopo due anni potranno avere finalmente le immissioni in ruolo.

Infine, e lo diciamo chiaramente a Carrozza: non andremo “a ripetizione” di quiz né dagli Invalsiani, che nulla sanno di didattica, né dalle aziende del tutto estranee all’istruzione. Né a fare gli apprendisti in azienda devono andare i nostri studenti, almeno fino al termine del loro iter scolastico. Non piegheremo l’insegnamento alla squallida filosofia quizzomane e, insieme agli studenti, organizzeremo il massimo potenziamento del boicottaggio del mefitico carrozzone Invalsi e delle sue distruttive attività nelle scuole.

Piero Bernocchi

8 novembre 2013