Le previsioni mie e di parecchi analisti politici sono state più o meno rispettate, con qualche “scostamento”, però non irrilevante, e che vale la pena analizzare.
1) Meloni ha sbaragliato tutti, avversari e alleati. Ha stravinto la sfida che Letta le aveva lanciato su chi fosse il partito più votato dando più di 7 punti di distacco al malcapitato, e ora in aperta disgrazia, segretario PD. Ma contemporaneamente ha stracciato anche la Lega, in caduta libera anche più del previsto, nonchè Forza Italia che, entrambe, hanno perso quasi dieci punti rispetto alle precedenti elezioni, e per di più, anche messi insieme, sono circa 9 punti sotto i Black Brothers. In queste condizioni, per quante differenze ci siano tra loro, credo si possa confermare quanto già scrivevo nell’articolo/saggio Giorgia Meloni e la fiamma mussoliniana di venerdi scorso (cfr.www.pierobernocchi.it): e cioè che entrambi i due partiti, di fronte a queste cifre e ai rapporti di forza manifestatisi nel voto, si può permettere a cuor leggero di rompere il futuro governo, sia perchè rischierebbero di essere spazzati via dal “popolo di destra” sia perchè non si vede quale altra alternativa migliore potrebbero avere con un nuovo governo simil-Draghi. Poi, per carità in questa situazione mondiale così drammatica, niente si può escludere del tutto,però al momento la logica dice questo.
2) Il grande sconfitto di queste elezioni è ovviamente il PD, ancor più della Lega che prende una batosta ma che, eliminando Salvini e le sue paranoie fascoistoidi e i suoi tre anni di toppe clamorose e passando ad una “democristianità” fondata sui suoi amministratori a Nord, potrebbe anche riprendersi (moderatamente). Letta le ha sbagliate proprio tutte e i numeri suoi ma soprattutto delle altre forze con le quali avrebbe potuto allearsi lo dicono impietosamente. In fin dei conti, quel “campo largo” di cui aveva tanto parlato Letta, ha raggiunto il 48%, ben più della destra, ferma al 44%. Certo, questa è una sommatoria astratta perchè probabilmente parecchi di coloro che hanno votato per Conte non lo avrebbero fatto se si fosse alleato con il PD e lo stesso vale per Calenda/Renzi se si fossero alleati, oltre che con il PD, anche con Conte. Ma almeno qualche parziale alleanza più “remunerativa” di quella con i soli Fratoianni/Bonelli Letta e il PD l’avrebbero potuta/dovuta fare. E invece si sono dati ulteriormente la zappa sui piedi portandosi dentro l’alleanza proprio quel duo Fratoianni/Bonelli che da soli non avrebbero raggiunto la soglia del 3% e che invece così hanno finito per sottrarre al PD parecchi/e elettori/trici, scontenti del PD ma timorosi di disperdere voti. E poi non ha funzionato neanche il disperato tentativo finale di gridare “allarmi, arrivano i fascisti” dopo il lungo fair play con Meloni. Incalzato da Conte, e pure, entro certi limiti da Sinistra italiana, contestato apertamente all’interno, mi sa che per lui si prospetta il ritorno all’università parigina; ma anche per il PD la vita sarà assai grama, se poi i candidati alla successione sono quello scialbo e odiosetto Bonaccini e addirittura , ma mi pare incredibile, Schlein (sempre sorprendente come si montano i personaggi di questi tempi!) che già stentano a casa loro.
3) Fuor di dubbio che l’altro vincitore delle elezioni è Conte, la cui crescita nelle ultime settimane, soprattutto a Sud, pur abbondantemente annunciata, è andata anche un po’ oltre le previsioni: e dico Conte perchè l’Avvocato del popolo, direi il più incredibile trasformista della storia repubblicana italiana, è riuscito, malgrado la su esperienza politica non superi i 4 anni, a rivoltare come un calzino i 5Stelle, al punto da farne un’altra cosa, quel suo partito personale che molti lo invitavano a mettere in campo e che alla fine lui ha fatto impossessandosi della sigla, sbattendo fuori tutta la nomenclatura precedente, a partire da Di Maio (grottesco con il suo 0,6% e fuori dal parlamento comunque, avendo perso all’uninominale) fino al rompicoglioni Di Battista e a Raggi e via via gli altri. Persino Grillo ha messo ai margini, perchè la minaccia dell’Elevato di togliergli la sigla è oramai impotente, Conte potrebbe intestarsi il partito anche formalmente e non perderebbe un voto. Ed è riuscito in questo, e in soli due mesi, rispolverando la previsione dei Bettini/Zingaretti che lo avevano eletto a fulgido e “massimo riferimento dei progressisti“. E’ vero che è stato grandemente aiutato dal PD e da chi gli ha lasciato giocare, praticamente da solo tra le forze più rilevanti, la carta della difesa del reddito di cittadinanza e del bonus ampliamenti/ristrutturazioni case per milioni di persone, consentendogli, più in generale, di ergersi a paladino della giustizia sociale ed economica (in netta prevalenza a Sud) malgrado abbia governato per tre anni con pieni poteri e libertà d’azione. Però, non era un’impresa comunque facile dopo aver fatto cadere Draghi. Certo, anche il partito di Conte paga e pagherà caro il rifiuto di fare alleanze in un sistema maggioritario che penalizza grandemente chi marcia da solo: al punto, nello specifico, di avere in Parlamento un numero di seggi inferiore, ad esempio, a quelli di Forza Italia che ha preso poco più della metà dei voti 5Stelle. E voglio vedere come farà Conte a difendere sul serio anche solo il reddito di cittadinanza con quel pugno di eletti/e, autoridottosi sia per il rifiuto di fare alleanze sia per la bella trovata di ridurre drasticamente i parlamentari. Ciò non toglie, però, che ora potrà mordere i polpacci al PD e presentarsi anche come il dominus di una nuova eventuale alleanza con un PD allo sbando e “epurato” da letta e dagli anti-5 Stelle. Ve la vedete la gara per chi figura meglio “in società” tra Conte, forte comunque della grande visibilità e popolarità personale, ricavata dalla gestione di due governi ma anche da questa sorprendente rimonta, e figure incolori e di seconda fila come Bonaccini et similia?
4) L’altro grande sconfitto è quel Salvini che, pur avendole toppate tutte negli ultimi tre anni – dalla folle caduta autoprovocata del governo Lega/5Stelle, di cui era il dominus, giù giù fino alle ultime disperate aggressioni verbali ai migranti – non era prevedibile che portasse la Lega addirittura sotto il 10% dopo il 34% delle europee. Meloni, spietatamente, gli ha sottratto elettori, simpatizzanti ma anche personale politico ed ha ora con i suoi amministratori un rapporto migliore di quello che ha il Capitano: impresa poi non difficile, dato che sul piano del nazionalismo/sovranismo e delle politiche reazionarie nel campo dei diritti civili e dei migranti poteva vantare il primato dell'”originale fascistoide” rispetto ad imitazioni di un Salvini, pur sempre esponente di un partito che con la bandiera tricolore “ci si puliva il culo“, che odiava il Sud e che dall’Italia voleva casomai la secessione. Anche la corsa di Salvini, come quella di Letta, in un paese normale terminerebbe oggi, ma essendo noi in Italia e non avendo alcuna intenzione Salvini, a differenza di Letta, di farsi da parte, non mi stupirei se restasse malgrado il disastro provocato. Aggiungo, comunque, che la sua eliminazione, da quel rabbioso fascistoide che è, decisamente più scomposto e rozzo di Meloni, con il culto delle forze dell’ordine, delle divise, della repressione, delle ossessioni securitarie, del razzismo e odio verso i migranti e ogni tipo di diversità, e persino cattolico beghino e reazionario mangia-papi, sarebbe cosa comunque positiva, anche se verrebbe sostituito da una nomenclatura “neo-democristiana” di amministratori del Nord che pensano soprattutto ai soldi per la propria base e la propria imprenditoria, ma che perlomeno non hanno, o non manifestano, le paranoie securitarie e anti-migranti ai livelli dell’orrendo figuro fascistoide.
5) Anche la “strana coppia” Calenda-Renzi potrebbe essere annoverata tra i vincitori se nella sua megalomania Calenda non avesse fissato traguardi impossibili, come la doppia cifra e lo “smantellamento” di Forza Italia, puntando ad un risultato elettorale che lasciasse in bilico la tenuta di un governo di destra e che, conseguentemente, avrebbe dovuto riaprire la strada ad una grande alleanza capitanata nuovamente da Draghi o da un simil-Draghi. Prospettiva già altamente improbabile ma eliminata del tutto proprio dalla scelta, oltre a quella similare ma più comprensibile di Conte, di marciare da solo, rifiutando quella alleanza con il PD e Sinistra Italiana che avrebbe almeno limitato i danni e ridotto il successo di Meloni. Ora, nel contesto reale determinatosi e con il piccolo drappello di parlamentari a disposizione, ridotto dalla scelta di procedere da soli, la coppia non avrà grande spazio per fare opposizione, oltre ad apparire decisamente scavalcata, in tale ruolo, dall’attivismo “social-progressista” di Conte ma anche in difficoltà a trovare altre “munizioni” in Forza Italia (che ritroverà alimento dalla presenza nel governo) e in quell’ipotetico centro che in realtà in Italia è più che altro un’invenzione ideologica. E in un clima del genere, Renzi, che finora ha fatto il bravo e lasciato corda lunga a Calenda, riprenderà presumibilmente ad agitarsi e, tenuto conto dell’egolatria che divora entrambi, non sarebbe sorprendente se la coppia “scoppiasse”.
6) Tra i vincitori, seppur su dimensioni più ridotte, ci metterei anche l’altra coppia Fratoianni-Bonelli e la mossa azzeccata di riproporre quella simbiosi “rosso-verde” che ai tempi del movimento noglobal non riuscì a decollare, e di utilizzare di fatto come taxi il PD, precisando che all’alleanza elettorale non sarebbe seguita un’alleanza politica post-voto. Certo il binomio SI-Verdi è stato “miracolato” da Calenda e Letta in tandem, manco fossero stati l’agenzia pubblicitaria di Fratoianni (soprattutto) e di Bonelli , consentendo in particolare al primo di entrare, come immagine e visibilità, nel gotha dei leader che contano e che vengono citati continuamente (è ormai consolidata l’abitudine massmediatica di segnalare la “sinistra” come “un arco che va dal PD a Fratoianni“; un po’ come, ad un altro livello, quando nel movimento noglobal i massmedia presentavano “un arcobaleno che va da Pax Christi ai COBAS e ai disobbedienti“), dando soprattutto a Fratoianni una visibilità che da solo non avrebbe conquistato e consentendo ai due partiti coalizzati di entrare in carrozza al Parlamento, soprattutto grazie ai voti di quegli elettori/trici storici del PD che si volevano lavare la coscienza votando un po’ alla sua sinistra ma senza disperdere voti. Cosa faranno, in Parlamento e fuori, Sinistra italiana e Verdi non è facile prevedere ma non mi stupirei se erodessero ancora forze al PD.
7) E tra i disastri, seppure abbondantemente annunciati, c’è la vicenda – e mi spiace per i lettori/trici di questo scritto, che simpatizzano o addirittura erano in lista per il PRC, dover usare toni persino “brutali” – oramai precipitatata nell’assurdità più autolesionista, che riguarda l’esposizione e la trafila elettorale di Rifondazione Comunista: e la sua, sempre più incomprensibile, coazione a ripetere che l’ha portata, dalla lista Arcobaleno in poi, a mettere in scena sempre lo stesso copione, malgrado le continue batoste nelle urne, identiche nella forma, nella sostanza e nei numeri. Che senso ha, mi chiedo e da anni chiedo a loro, rimanere ancorati alle falci e martello e alla velleità di una rifondazione del comunismo novecentesco di cui nessuno, dopo più di venti anni, ha capito presupposti e riferimenti, quando poi ad ogni elezione ci si nasconde, si accantonano non solo le falci e martello e ogni riferimento al comunismo e al socialismo reale del secolo scorso (cosa di per sè buona, ma se praticata nll’insieme della teoria e della pratica quotidiana, e non solo nella scadenza elettorale), ma addirittura amdandosi a cercare un leader improvvisato , un’alleanza dell’ultima ora, sempre diversa e sempre dissolta il giorno dopo il voto, con un simbolo sempre cangiante. E per di più cercando di ingigantire oltre il credibile personaggi politicamente inconsistenti, ai quali si consegna per qualche settimana il bastone del comando, da Barbara Spinelli a Curzio Maltese, da Ingroia fino a un De Magistris così gonfio di sè da aver voluto la lista a nome suo e la cancellazione di fatto delle forze che lo sostenevano, ridotte a “portatori d’acqua” manco degni di essere mostrati “in società”. E alla fine ci si ritrova, malgrado il sostegno internazionale dei Melenchon, Iglesias e Corbyn (che la dice lunga su quale sia la visione internazionale di questi leader e dei loro partiti o correnti), a ripetere un misero 1,3% da dividere per giunta con quel PaP con il quale solo poco tempo fa si era fatto a capelli, rompendo piatti e bicchieri, dopo un analogo e altrettanto frettoloso “matrimonio” finito in rissa. Poi, a voler guardare anche oltre fino a livelli “molecolari”, restano appendici persino grottesche, come la corsa spasmodica degli altri partiti del comunismo novecentesco ad arrivare primi tra gli ultimi, via via calando dall’1,1% del PC di Rizzo (stavolta anch’esso “travestito”, e malamente, da Italia sovranista e popolare) allo 0,3% del Pci (ex-Pdci), fino all’estremo dell’assurdo, a quello 0,0% (nel senso che con i suoi 4 mila voti non è arrivato manco allo 0,1%) del Pcl della coppia Ferrando-Grisolia, in grado, onore alla coerenza seppur di stampo oramai “extraterrestre”, di toccare il fondo e continuare, ciò malgrado, a scavare per scendere ancora di più.
8) Ho messo per ultimo quello che in realtà, nella pubblicistica corrente, viene da anni indicato come il partito dell’astensione, che stavolta da solo ha superato qualsiasi altro partito, attestandosi ad un 36% record assoluto per elezioni politiche in Italia, circa 10 punti in più delle precedenti elezioni. Sulle “illusioni consolatorie a proposito di chi si astiene alle elezioni“, ho scritto, con questo titolo, un articolo/saggio a giugno del 2019 e a quello vi rimando (è nel mio sito, già citato) se foste interessati ad approfondire l’argomento. Ma qui ed ora una novità c’è, a mio parere. Per evitare equivoci, però, dico apertamente che io di questo “partito dell’astensione” ho fatto parte fedelmente quasi sempre, fin dal primo voto possibile a 18 anni. Ma l’ho fatto solo perchè non mi riconoscevo in nessuno dei partiti esistenti, e non perché mi sia mai passato per la mente che potesse davvero esistere un “partito dell’astensione” e che esso potesse costituire di per sè un soggetto rilevante nei conflitti che contano, quelli nella società, nei posti di lavoro, nelle piazze. Però, stavolta una novità mi pare ci sia. Perchè in tutti i precedenti casi, per giunta con numeri ben più ridotti, l’astensione veniva, seppur in misura diversa , da destra e da sinistra. Stavolta l’elettore di destra, da quello moderato al più estremista, aveva la più vasta gamma di possibilità di sempre, da Meloni a Salvini a Berlusconi, con fondatissime possibilità di vittoria, a Calenda/Renzi, a Europa+ (e persino il PD per i destrorsi più moderati e “civili”); e pure, più a destra ancora, aveva Italexit e anche cordate varie di noeuro, novax, noUE ecc. Perchè avrebbe dovuto astenersi? Ne concluderei che, a parte la vasta astensione qualunquista (“‘so’ tutti uguali, che me frega, magari alle comunali vado per raccattare qualcosa per me, ma qui che ce guadagno?“), il grosso dell’astensione “politica” sia venuto da una sinistra variegata che crede che il PD sia irrecuperabile e che i vari partitini di sinistra siano non credibili. La domanda è: questi milioni di persone (credo che le cifre siano tali), di fronte a quello che combinerà il nuovo governo nei terreni che ho elencato dettagliatamente in Giorgia Meloni e la fiamma mussoliniana e che non sto qui a ripetere, si faranno vivi nei conflitti dei prossimi tempi? E come li si può intercettare, sollecitare, favorire, aiutare ad emergere? Mi pare un rilevante problema che avremo di fronte, non solo ovviamente come COBAS o come sindacalbasisti uniti, ma come popolo conflittuale in generale, un “popolo” che al momento non sembra avere grande forza e che attende, anche con una certa ansia, “rinforzi” significativi per i conflitti delle prossime settimane e mesi, passando in particolare dallo sciopero nazionale, che auspichiamo generale e sociale, del 2 dicembre prossimo.
Piero Bernocchi