Un paio di settimane fa, dopo la inattesa comparsa di migliaia di manifestanti, autodefinitisi “sardine”, nelle piazze di Bologna e di Modena, scrivevo queste note alla mia organizzazione, stabilendo anche un parallelo e un confronto tra questa sorprendente esplosione “ittica” e le grandi difficoltà che avevamo avuto il 9 novembre scorso, come movimento Indivisibili e Solidali, a ripetere quanto avevamo fatto un anno prima (10 novembre 2018), portando in piazza un centinaio di migliaia di persone contro il razzismo, la xenofobia e le politiche reazionarie e securitarie, fondate su odio e paura, e diffuse a piene mani dal governo Lega-M5S e da Salvini in particolare.

“Se il riassunto delle iniziative “ittiche”, già programmate, che ci fanno i principali organi di informazione, rispecchiano fedelmente la realtà che si sta creando, sembra che l’ondata “sardinesca” si avvii a dilagare oltre l’Emilia Romagna. In questa regione sabato prossimo l’iniziativa si svolgerà a Reggio Emilia, domenica a Rimini, poi a Piacenza e via via dovunque arriverà il Truce Salvini nelle prossime settimane. Ma sarà molto interessante vedere cosa succederà nelle altre regioni, a partire dalla manifestazione indetta per il 30 a Firenze. E poi se ne annunciano a Milano, Napoli, Genova, Torino, Palermo, Taranto e persino a Roma. In tutte queste situazioni a prendere l’iniziativa sono, fino a prova contraria, “cani sciolti” che navigano sull’onda dei successi clamorosi di Bologna e Modena. Come e quanto si svilupperanno queste iniziative diverrà più chiaro nei prossimi giorni ma mi pare ci siano già elementi inconfutabili.

1) Il primo riguarda il motivo che ci spinse a promuovere, come COBAS e insieme ad altri soggetti politici e sociali, la manifestazione del 10 novembre 2018 e successivamente il Forum Indivisibili e Solidali. E cioè che, seppure razzismo, xenofobia, ossessioni securitarie e tutto l’armamentario della Lega salviniana (e dei FdI meloniani) stavano conquistando la maggioranza degli italiani, esisteva pure una forte minoranza (allora scrissi intorno al 30-35%) che era invece inorridita dal fascistume incombente e dalla cultura reazionaria e fomentatrice di odio verso i più deboli, e che non trovava un modo efficace di dimostrarlo e manifestarlo collettivamente. L’idea di Indivisibili aveva dietro quella consapevolezza. Ed eravamo partiti bene: il successo quantitativo (circa centomila persone in piazza, con l’adesione di più di 500 soggetti politici, sindacali, sociali e culturali) e qualitativo del corteo del 10 novembre dell’anno scorso, lo aveva dimostrato inconfutabilmente. Ma poi, invece di valorizzare quella partecipazione e le tante, anche piccole, realtà locali che l’avevano potenziata e ingigantita, ci siamo fatti incastrare, nostro malgrado e purtroppo, nei soliti e sempre più insopportabili meccanismi gruppettari. E il vistoso calo della partecipazione alla manifestazione del 9 novembre scorso, rispetto all’anno prima, è dipeso, a mio parere, assai più dal meccanismo di preparazione e gestione, passato attraverso mille mediazioni e tic vecchio stile, che dal cambio di governo. Tant’è che, malgrado ci sia il governo con il PD e Salvini sia all’opposizione, se sollecitata diversamente, tanta gente in piazza contro Salvini ci sta andando e, credo, continuerà ad andarci nelle prossime settimane.

2) A scanso equivoci, però, aggiungo che in ogni caso noi non saremmo stati in grado di far muovere, fosse anche per un pomeriggio, così tanta gente. Perché c’è una differenza fondamentale tra “noi” e “loro”- e uso questi termini per semplificare. Chi va in piazza da “sardina” ha in avversione quanto noi Salvini, il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, la violenza fascistoide, i rigurgiti e le sottoculture ducesche, nazistoidi e antisemite. Ma, nel contempo, vorrebbe poter contare su una sinistra , diciamo, socialdemocratica “classica”, che garantisca la democrazia istituzionale, che difenda anche i deboli e gli ultimi arrivati, che si rivolga ai settori sociali più disagiati e abbandonati da decenni. Insomma, si accontenterebbe di un PD alla Corbyn, alla Suarez+ Iglesias, o simile al modello della sinistra portoghese. E, per restare nei confini nazionali, almeno i non giovanissimi ci metterebbero la firma a riavere il vecchio Pci, anche a “mezzo servizio”. Insomma, a farla breve è gente antifascista, democratica ma non anticapitalista o anti-sistema e non vuole affatto che la sinistra istituzionale venga spazzata via ma che invece faccia (o rifaccia) la sinistra all’interno del sistema esistente, per riformarlo il più possibile e renderlo più giusto ed egualitario, meno corrotto ed efficiente, malgrado questi desideri siano stati frustrati ripetutamente negli ultimi decenni da tutta la filiera PSD, DS, PD.

3) Dubito che le “sardine” possano spostare significativamente il trend elettorale nazionale (in Emilia Romagna forse) perché, proprio per quanto scritto fin qui, chi va in piazza sa già che al 99% voterà per il centrosinistra e per i partiti attualmente al governo: e d’altra parte i salvinian-meloniani non cambieranno idea vedendo queste manifestazioni. Ma di sicuro la “narrazione” mediatica salviniana ne verrà, almeno in parte, colpita. Infatti, un conto erano le contestazioni, vistose ma drammaticamente minoritarie, che le aree antagoniste hanno svolto nell’ultimo anno (soprattutto durante le elezioni regionali), con Salvini che riempiva le piazze in tutti i paesi dove andava, anche i più sperduti, mentre i “nostri” contestavano ai margini, con numeri ben più ridotti, sfottuti come “sfigati” e “intolleranti” o “violenti” e spesso pure mazziati dalla polizia al servizio di Salvini, finendo per ottenere sovente un effetto boomerang. E tutt’altra situazione è quella che si sta creando a partire dalle piazze di Bologna e Modena, con il vistoso scarto, al contrario, tra piazze stracolme di democratici e antifascisti o di semplici “odiatori dell’odio” e le fughe di Salvini verso le periferie, o chiuso in teatri e palasport o in ristoranti per “cene elettorali”. Poi, come affermò una volta Nenni, capita che a “piazze piene” possano corrispondano “urne vuote”. Però vedere che in piazza la risposta alle politiche reazionarie porta molta più gente di quanto ne attraggano le esibizioni vomitevoli dei Salvini e delle Meloni (che le “sardine” farebbero bene a non trascurare), è comunque evento piuttosto consolante”.

Questo scrivevo una quindicina di giorni fa. Dopodiché l’ondata sardinesca è effettivamente dilagata ben oltre l’Emilia e Romagna (anche se l’appuntamento elettorale in quella regione continua a catalizzare l’interesse e l’allarme generale della comunità “ittica”), toccando punte di partecipazione particolarmente rilevanti a Firenze (tra ventimila e trentamila presenze, a seconda delle fonti) e a Milano (più o meno cifre analoghe), malgrado la pioggia inclemente abbia accompagnato tutti questi appuntamenti, con gli ombrelli simbolo delle piazze ancor più delle sardine cartacee. Nel contempo, sono partite, a sinistra, le teorie complottiste, non meno fastidiose in genere di quelle degli odiatori di destra, che hanno cercato di dimostrare trascorsi “liberisti” e pro-Grandi Opere del giovane Mattia Sartori (uno dei quattro promotori della prima manifestazione a Bologna) o di sostenere che l’intera operazione è stata partorita a tavolino dagli stati maggiori del PD e di Leu (o, variante minoritaria, dal “cerchio magico” renziano o dal sempre-verde Romano Prodi) e che le piazze, fin dall’inizio, sarebbero state riempite per lo più da militanti dei partiti della sinistra di governo mascherati da “sardine” (tesi che, paradossalmente, invece Salvini non fa propria; e anzi giusto oggi ha affermato che a lui “fa allegria che i giovani scendano in piazza e facciano politica, pro o contro la Lega, perché questo fa bene all’Italia”). Che parecchi militanti o simpatizzanti dei partiti del centro-sinistra siano scesi in piazza con le Sardine mi pare assolutamente ovvio e naturale: d’altra parte in nessuna di queste manifestazioni si è fatto finta di essere un movimento trasversale, per il quale tutti i partiti sono uguali e similmente ripugnanti e respingenti. Guardando le varie convocazioni, chiunque ha aperto una pagina FB, sfruttando la scia di Bologna e Modena, ed ha indicato una qualsivoglia data di mobilitazione cittadina, ha ottenuto risposte di massa. Ma non credo che tale “primogenitura” potrà essere sfruttata (come non poterono farlo i girotondi o il”popolo viola”) per particolari e gratificanti operazioni politiciste , visto che nessuno/a riconoscerà loro particolari meriti (se non, forse, ai primi quattro promotori bolognesi), fermo restando che è auspicabile che tali operazioni non vengano tentate, perché sarebbero fallimentari e sbriciolerebbero il “sardinismo”.

Ma comunque, a meno di non voler ricadere nel famosissimo apologo del “dito e la luna”, qui la riflessione non deve tanto riguardare chi ha fatto le convocazioni di piazza e i lanci su FB e neanche la militanza PD e soci che si è messa in moto a seguire, ma in primissimo luogo le motivazioni delle centinaia di migliaia di persone che – quando saremo giunti al 14 dicembre, data della manifestazione a Roma che ha assunto carattere nazionale – saranno scese in piazza con le sardine cartacee in mano. Si è trattato e si tratterà, in larga maggioranza, di gente che alle manifestazioni magari non ci andava più da anni, e anche di chi di solito non ci va proprio. E che, per lo più, si sente parte di una generica sinistra democratica, antifascista che “odia gli odiatori di professione”, che “ha il dolce stil novo di una sinistra che non fa paura, che non urla ‘Salvini carogna, torna nella fogna’”. Che non ha paura dei migranti, che non odia gli ebrei o i nomadi, che non ha ossessioni securitarie, che non vuole eliminare i partiti, che non disprezza la politica, anche se di suo magari non la fa o non l’ha mai fatta, che si sente “all’ingrosso” di sinistra, democratico, progressista per quel che può significare, di certo antifascista e che vorrebbe ci fosse una sinistra unita, come insistentemente milioni di persone chiedono da anni, ma dalla parte della giustizia sociale, economica e ambientale. E che, però, non viene ascoltata affatto dalle forze che ancora di sinistra si autodefiniscono. D’altra parte, non c’è imbroglio, mi pare, nelle loro dichiarazioni: e basta leggersi almeno quel “manifesto delle Sardine” diffuso nei giorni scorsi, immagino dal primo gruppo promotore bolognese. Ove si legge tra l’altro: “Cari populisti, la festa è finita. Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadini, avete approfittato delle nostre paure e difficoltà, avete ridicolizzato argomenti serissimi, avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete. Per troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo stupiti, storditi, inorriditi da quanto in basso poteste arrivare. Adesso ci avete risvegliato, siamo scesi in piazza, ci siamo contati, abbiamo capito che siamo tanti e molto più forti di voi. Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero, mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Crediamo ancora nella politica e nei politici con la P maiuscola, in quelli che pur sbagliando ci provano, che pensano al proprio interesse solo dopo aver pensato a quello di tutti gli altri. Non c’è niente da cui ci dovete liberare, siamo noi che dobbiamo liberarci dalla vostra onnipresenza opprimente e lo stiamo già facendo. Perché grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola ma non il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare”. Gente “normale”, appunto, non militanti politici o attivisti a tempo pieno, che in varie piazze si sono dichiarati antifascisti, contro il razzismo e la xenofobia, contro la caccia al migrante e ai più deboli, a favore della più ampia solidarietà e giustizia sociale. Parole, certo, ma piuttosto semplici e piane, prive di retorica facile ed è inutile pretendere che, al contempo, ci aggiungano anche un aperto attacco alla politica del PD e del centrosinistra degli ultimi anni, perché quello è piuttosto il nostro compito, sempre che, con tali piazze, si riesca in qualche modo a interloquire.

Qualcuno, per sostenere la strumentalità e l’etero-direzione di queste piazze, ha trovato ben singolare (e in effetti apparentemente lo è) che queste manifestazioni non siano contro il governo ma contro l’opposizione, contro Salvini in primis. Ma il motivo è semplicissimo. Contrariamente a quanto qualcuno aveva sostenuto nelle liste degli Indivisibili e Solidali, non è affatto vero che questo governo, che doveva mettere nell’angolo la destra estrema, abbia sopito la voglia di protestare. Milioni di persone, vedendo all’opera governativa un insulso, cialtronesco e rissosamente suicida, accrocco politico-istituzionale (con i Di Maio e i Renzi in prima fila nell’opera autodistruttiva) hanno avuto ben chiaro che di fatto l’attuale opposizione, la destra estrema di Salvini-Meloni è il vero potere incombente, che, con buona probabilità, potrà avere a breve i “pieni poteri” che Salvini auspicava in estate. Ed è evidente – basta guardare i sondaggi – che le piazze sardiniste non hanno spostato i rapporti di forza elettorale (ad oggi la Lega al 33%, Fratelli d’Italia al 10%, il PD intorno al 18% e il M5S tra il 15 e il 16%). Ebbene, in una prospettiva a breve di tracollo dell’attuale governo e di passaggio elettorale trionfale per l’estrema destra, trovo di un qualche conforto che ci siano centinaia di migliaia di persone (e magari, spero, milioni) pronti a scendere in piazza e a mobilitarsi di fronte alle conseguenze operative di tali “pieni poteri”, insieme alle aree della sinistra antagonista, antirazzista e antiliberista,. Alla quale ultima, se saprà finalmente liberarsi dalle sue persistenti tare gruppettare, settarie ed auto-ghettizzanti, potrebbe spettare l’oneroso compito di far maturare in milioni di persone, dotate di spirito democratico, antirazzista e antifascista, anche una prospettiva di trasformazione positiva dell’esistente che sappia fare i conti in primis con i disastri perpetrati dalla sinistra liberista negli ultimi decenni.

3 dicembre 2019