Italian Deputy Premier and Interior Minister, Matteo Salvini, attends the Raiuno Italian program 'Porta a porta' conducted by Italian journalist Bruno Vespa in Rome, Italy, 11 February 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

Le elezioni in Abruzzo: il trionfo della destra fascistoide e la débacle dei Cinque Stelle

Solo Gianluigi Paragone – ex-assatanato direttore della “Padania”, il quotidiano leghista, e poi conduttore Rai e agitatore proto-populista a “La gabbia” ed ora senatore 5 Stelle, che ha trasferito in Senato il suo sciagurato cazzeggio sovranista – è riuscito nell’impresa di definire le elezioni regionali in Abruzzo un “fatto marginale”. Lo strepitante Paragone si deve essere distratto assai nelle ultime settimane per non accorgersi che, a trasformare le elezioni regionali in evento politico di primordine e cartina di tornasole degli attuali rapporti tra i due partiti governativi, erano stati, ancor più della Lega e del centrodestra, proprio i 5 Stelle, con Di Maio e Di Battista in prima linea che, a ridosso delle elezioni, hanno sparato tutte le cartucce a disposizione per uscire se non vincitori almeno non vistosamente soccombenti nella competizione, sempre più all’ultimo sangue, con Salvini, attaccando frontalmente il governo francese, la Banca d’Italia e lo stesso Salvini, invitato dal guerrigliero da tastiera Dibba a non “rompere i coglioni” e a tornare con Berlusconi.

In effetti la ditta Casaleggio Associati – di cui i parlamentari 5 Stelle sono solo obbedienti, servili,  cialtroni e arroganti subordinati – ha pensato che l’Abruzzo fosse il luogo adatto a prendersi una rivincita dopo le scoppole elettorali del Friuli Venezia Giulia, del Molise, di Trento e Bolzano e di Cagliari. In fin dei conti, si devono esser detti, neanche un anno fa i Cinque Stelle avevano preso il 40%, mentre la Lega si era fermata a poco più del 13% e addirittura alle regionali precedenti non si era neanche presentata. E invece i risultati sono stati catastrofici: voti letteralmente dimezzati, un po’ meno del 20%, abbondantemente superati anche da un redivivo centrosinistra che ha oltrepassato il 30%, e annichiliti da una Lega che ha raddoppiato, andando oltre il 27% e da  un centro-destra che ha raggiunto uno spettacolare 48%: e il tutto, peraltro, con un numero di voti validi che arriva a malapena al 50% (i votanti sono stati il 53% ma le schede bianche o annullate sono più del 3%: di fatto solo un/una abruzzese su dieci ha votato i Five Stars).

La clamorosa débacle arriva dopo una lunga serie di batoste elettorali successive al voto di marzo, dalle regionali in Molise – 14 punti in meno rispetto alle politiche – e Friuli Venezia Giulia alle provinciali di Bolzano e Trento (solo il 7%), alla perdita del collegio a Cagliari. CVD, Come Volevasi Dimostrare, potrei serenamente dire, insieme a quei pochi che fin dalla costituzione dello sciagurato governo Lega-5 Stelle avevano previsto, senza pretendere di essere geniali indovini ma sulla base di semplici considerazioni politiche, a quale disastro  sarebbero andati incontro i Cinque Stelle, una volta giunti al governo e consegnatisi nelle mani dei volponi della Lega. Ora, con una battuta alla Sergio Leone, mi verrebbe da dire: quando un politico con una ideologia incontra un politico senza ideologia, il secondo è un uomo morto. E la Lega è arrivata al governo non solo con una ideologia ben precisa, di natura fascistoide (e più avanti motiverò la correttezza del termine) e, più specificatamente, razzista, xenofoba, nazionalista, liberista, industrialista, sessista, omofoba e patriarcal-revanscista: ideologia che ha consentito a Salvini non solo di fare il pieno di quel “popolaccio” che tale ideologia , più o meno tacitamente, ha sempre condiviso almeno nell’ultimo secolo, ma anche di raccattare tutto il fascistume politico dell’ultimo trentennio, portandosi al guinzaglio i fascisti “storici” della Meloni e pure il 90% del personale del vecchio MSI, di Alleanza nazionale, dell’UGL, e buona parte di quello di Forza Nuova e di Casa Pound, mantenendo (politica dei “due forni”) anche a disposizione tutto il materiale umano e politico residuale di Forza Italia, angosciato dal grottesco spegnimento dell’oramai zombesco Cavaliere.

I Cinque Stelle sono invece arrivati al governo disarmati ideologicamente, politicamente e culturalmente. Il “noviziato” in Parlamento degli anni precedenti si è rivelato, in tempi ancor più veloci di quanto ci si potesse aspettare, del tutto inefficace, a causa non solo del mix di esaltazione del non-sapere e di ingiustificata presunzione, ma soprattutto dell’assurda convinzione della casa-madre casaleggina che si potesse gestire il governo così come si era navigato nell’opposizione, e cioè seguendo gli umori dei sondaggi e i tweet spettacolari, continuando a predicare quel “non siamo né di sinistra né di destra, ma oltre” che nascondeva la cronica incapacità di scegliere programmi definiti, classi e ceti sociali di riferimento, impostazioni culturali e ideologiche ben definite. E il tutto di fronte ad una Lega che, forte dell’essere il partito più “anziano” sulla scena e di già tre precedenti esperienze governative, affiancate da una trentennale pratica di gestione territoriale di regioni, province e comuni, aveva negli ultimi decenni non solo formato una leva di politici e di amministratori navigati e ben introdotti nella società reale ma, almeno a Nord, si era già guadagnata la fiducia trasversale di forze economiche e di categorie della produzione e del lavoro   distanti dall’improvvisazione del ceto politico casaleggino, già dimostratosi del tutto incapace anche nell’amministrazione dei comuni ove aveva ottenuto in questi anni la maggioranza.

Mentre Salvini poteva fare a meno di rendere conto delle sue promesse elettorali sul piano economico-sociale, avendo puntato tutto sulle politiche xenofobe, razziste e securitarie, ben conoscendo l’umore su tali temi della maggioranza degli italiani, una volta che i mirabolanti impegni in tali campi da parte dei Cinque Stelle – il sedicente reddito di cittadinanza rivelatosi un grottesco pasticcio clientelare con una milionata di beneficiari di una somma appena significativa e molti più milioni di creduloni che resteranno a bocca asciutta dopo aver contato davvero su un adeguato reddito universale e incondizionato, con un contorno di corruttela e nuovo precariato come nella vicenda dei fantomatici “navigator”; la “quota 100” che verrà pagata a caro prezzo da chi la utilizzerà, lasciando sul campo un 15-20% di pensioni già falcidiate dal “contributivo”; la legge che avrebbe dovuto abolire il Jobs Act e che ha solo aumentato il lavoro nero e non certo l’occupazione stabile; il rinnegamento di quasi tutte le battaglie ambientali, tranne quella oramai “ultima spiaggia” del No al TAV – hanno rivelato il drammatico bluff sul quale erano costruiti, il gruppo dirigente casaleggino si è gettato disperatamente in una rincorsa delle tematiche razziste, xenofobe, securitarie e industrialiste della Lega. Ottenendo però come risultato quello di perdere non solo quasi tutto il consenso arrivato da “sinistra” (genericamente intesa) ma anche una parte significativa di quel voto di destra, qualunquista e reazionario (che, a mio avviso, è stato fin dall’inizio  maggioritario tra gli elettori dei 5 Stelle) che ha preferito – nella logica del “meglio l’originale che l’imitazione” – trasferire il proprio voto verso la destra estrema leghista piuttosto che premiare lo scimmiottamento dell’ultima ora tentato dai Five Stars.

Il risultato di questa sciagurata operazione è che i dipendenti della Casaleggio Associati sono stati il “cavallo di Troia” della Lega ed hanno consentito il trionfo di una  politica reazionaria consegnando le chiavi del governo ad un Salvini che con il suo 17% originario mai avrebbe potuto sognarsi altrimenti di fare il “dominus” di un qualsivoglia altro governo. Nel fare questa operazione i 5 Stelle hanno permesso lo sdoganamento a 360 gradi di tutto il fascistume presente nella società che, abilmente sollecitato, sponsorizzato ed esaltato da Salvini (che, di suo, sulla base della sua esperienza di leader dei cosiddetti “Giovani comunisti padani” , ben conosceva anche i pensieri reconditi di tanti “sinistri” dell’ex-Italia “rossa” ed ha saputo mietere anche in tali campi), oggi ci può far parlare di buon grado di trionfo dell’estrema destra fascistoide. Premesso che il suffisso oide sta a significare non identità o uguaglianza rispetto al modello originario ma somiglianza e affinità, elenco qui una serie, pur parziale, di elementi e di politiche che caratterizzano il governo giallo-nero, che ci permettono appunto di definirle, senza tema di smentite, fascistoidi.

1) Il salto di quantità e di qualità nel livello di consenso alla Lega è avvenuto proprio sulla guerra ai migranti. La creazione di un nemico, indicato alla società tutta come fonte di ogni male, è stata una caratteristica comune di tutti i fascismi storici. Per il nazismo l’odio verso ebrei e nomadi fu fonte di grande consenso e di unificazione sociale. Per la Lega l’odio manifesto, esplicitato volgarmente e ripetutamente, verso migranti, neri e rom è stato il motore principale del successo. Il razzismo, serpeggiante a livello popolare, è stato esaltato, amplificato, premiato ideologicamente e culturalmente. Anche negli anni ’50 nel Nord Italia forti erano le pulsioni popolari contro i meridionali immigrati, ma allora tutte le principali forze politiche e sindacali (oltre che la Chiesa cattolica) non davano alcuno spazio, anzi per lo più stroncavano, tali pulsioni, le stigmatizzavano e le rendevano pubblicamente minoritarie. E da parte dei Cinque Stelle non c’è stato alcun argine alla canea reazionaria e xenofoba: anzi, Di Maio è stato il primo a deridere pesantemente i migranti e le ONG di soccorso parlando di “taxi del mare”: e nella vicenda del sequestro delle navi e dei migranti Toninelli e Di Maio hanno ripetutamente rivendicato la piena identità di vedute con quanto imposto da Salvini. Si potrebbe poi aggiungere che, ultimamente, persino l’antisemitismo è stato rispolverato: l’agghiacciante uscita dello sciagurato senatore Lannutti, esponente dei 5 Stelle, contro gli ebrei non è stata né condannata né apertamente respinta dai 5 Stelle.

2) Le politiche da Stato di polizia sono sempre state una delle principali caratteristiche dei fascismi. Ebbene, in materia Salvini, con l’esibizione quotidiana delle divise indossate per dimostrare una sorta di privatizzazione leghista delle cosiddette forze dell’ordine, si è, a modo suo, adeguato alla militarizzazione dello Stato. Con il suo decreto sulla “in-sicurezza” ha fatto fare un salto di qualità alle politiche repressive, fornendo armi nuove e micidiali per stroncare l’opposizione tutta, oltre che per accentuare la guerra ai migranti. C’è poi il repellente capitolo della legge sulla “autodifesa armata”, con la libertà di uccidere a casa propria, che nessun governo aveva osato mettere in cantiere; e anche su altri aspetti repressivi nei confronti dei migranti e delle opposizioni politiche e sociali, seppure è vero che i governi e i ministri dell’Interno dei precedenti governi (vedi Minniti) avevano spalancato le porte ai provvedimenti di questo governo, pur tuttavia non ne avevano fatto oggetto di vanto e di principale caratterizzazione delle proprie politiche.

3) Altra caratteristica dei regimi fascisti è stata sempre quella di non riconoscere la divisione dei poteri istituzionali e di ritenersi, in quanto legittimati dal popolo, al di sopra della legge. E esattamente quello che Salvini ha fatto nei confronti dei magistrati che ne hanno denunciato l’attività illegale nel sequestro della Diciotti e dei suoi migranti. Il richiamo ai “60 milioni di italiani che stanno con me” e la derisione dell’attività dei magistrati, “non eletti da nessuno”, sono dunque comportamenti assai simili a quelli delle dittature storiche. In tal senso, il rifiuto di accettare un processo per i suoi abusi di potere, dopo una prima fase di apparente disponibilità a sfidare i magistrati direttamente, conferma il volersi tenere al di sopra e al di fuori delle leggi consolidate.

4) Altra caratteristica di tutti i fascismi è stato quella di esaltare il nazionalismo (oggi definito “sovranismo”) anche attraverso la creazione di un nemico esterno a livello internazionale, ieri per l’Italia fascista la “perfida Albione”, oggi l’Unione Europea e poi, a scalare, la Germania e al momento la Francia, accusate in blocco di essere le fonti di tutti i mali sofferti dal popolo italiano. E tale politica è stata praticata anche a costo di pagare un isolamento politico ed economico di cui l’ultima, penosissima esibizione del presidente del Consiglio Conte al Parlamento di Strasburgo è stata plastica testimonianza.

5) I fascismi storici hanno sempre avuto una forte impronta di “machismo”, di avversione verso le diversità di comportamenti sessuali e hanno sempre esaltato il patriarcato e la subordinazione delle donne. L’omofobia dichiarata e il revanscismo patriarcale (fino a rimettere in discussione la legge sull’aborto) di ministri come Pillon, con il suo orrido decreto, e Fontana inseriscono questo governo in un’area dichiaratamente fascistoide anche da questo punto di vista.

6) Infine, ultimo ma non meno importante, il reiterato uso da parte di Salvini del linguaggio mussoliniano e delle pose da duce, lo sdoganamento pieno di tutte le forze e organizzazioni fasciste, anche delle più truci, non può che farci ribadire la definizione di fascistoidi a proposito delle politiche e dei comportamenti di un governo a netta trazione leghista.

I Cinque Stelle sono apparsi tramortiti dal risultato abruzzese ma in generale dal tracollo e dall’abbandono obbligato, pur di restare al potere, dei loro principali temi di battaglia (persino l’immunità parlamentare sta per essere concessa a Salvini, seppur tra casini non indifferenti) e fino ad oggi nessuna spiegazione della débacle è stata fornita dal gruppo dirigente, nel tentativo grottesco di minimizzare i danni. D’altro canto Salvini non sembra avere interesse a rompere l’intesa di governo, almeno fino alle europee. E perché dovrebbe d’altra parte? Grazie alla rinnovata politica andreottiana dei “due forni” sta vampirizzando i Cinque Stelle, sottraendo loro giornalmente i voti e i consensi di destra e reazionari. E nel contempo può prosciugare anche la creatura berlusconiana, orami esangue come il suo leader storico, portandosi al guinzaglio le formazioni neofasciste più “rispettabili” come Fratelli d’Italia o quelle teppistiche e violente come Casa Pound e Forza Nuova. Insomma, la destra estrema sta stravincendo e il ritorno ad un governo con l’oramai grottesco Berlusconi non appare un obiettivo esaltante per la Lega, che, conseguentemente, non cambierà, almeno fino alle europee, la propria strategia, a meno di tracolli economici clamorosi nell’immediato futuro o di iniziative disperate da parte dei 5 Stelle.

Piero Bernocchi

13 febbraio 2019