Come se in questi giorni non fosse successo niente, come se la valanga fisica e mediatica prima, durante e dopo sabato, non li avesse manco sfiorati di striscio, gli orridi assassini di donne hanno ripreso il loro macabro lavoro quotidiano. Se fino a ieri la media di questo anno era stata di un assassinio ogni 3,3 giorni, oggi, 28 novembre, hanno superato abbondantemte la media con due e forse tre omicidi, da Sud a Nord in par condicio, alla faccia di manif di decine di migliaia di persone, convegni, dibattiti, paginate di giornali e di servizi televisivi. Il suprematismo macho se ne fotte e non rinuncia al proprio miserabile potere “familiare” per la pressione mediatica: o ad un potere dispotico e alla sua forza feroce si oppone una forza uguale e contraria, una organizzazione pratica, diffusa sul territorio e operante quotidianamente e capillarmente, oppure, come insegnano tutti i poteri dittatoriali, non è solo con “l’educazione ai sentimenti”, il dibattito, la convinzione e la pressione mediatica che, chi ce l’ha, cede pacificamente il proprio potere.

Il primo assassinio ad Andria. Donna di 42 anni uccisa dal marito (separazione in casa, la situazione più rischiosa in assoluto) accoltellata con decine di colpi davanti ai figli ai quali non è stato risparmiato niente, seguita da telefonata ai carabinieri, senza almeno il rituale suicidio. A Salsomaggiore invece è stato un indiano a massacrare la moglie di 66 anni con una mazza da cricket (gli indiani adorano, residuo coloniale, questo sport assurdo) colpendo la poveretta per decine di volte fino a quando non è intervenuta, purtroppo troppo tardi, una carabiniera. Ce ne sarebbe forse un terzo, a Fasano, con una donna trovata impiccata a simulare un suicidio ma alcune telefonate lasciano credere che invece si sia trattato di omicidio da parte di due uomini complici. 

Nel frattempo, il sindaco leghista di Ladispoli ne ha fatto una giusta, annullando il concerto di tal Emil Killa, un rapper mascalzone che, in combutta con un altro analogo sciagurato, tal Gue Pequeno, ha nel suo  repertorio musicale (si fa per dire)non solo una valanga di testi macho-suprematisti ma in particolare uno che è il racconto di un femminicida che narra lspudoratamente e con compiacimento, fin nei dettagli, come ha ammazzato la “sua” donna e perchè. E’ vero che già nel ’69 il brano “Lella” di Edoardo De Angelis, seppur musicalmente di ben altra categoria e di raggelante drammaticità e freddo orrore nel testo, entrò a far parte del repertorio della canzone romanesca. Ma, a parte che per anni venne vietato per radio e in TV, comunque era un testo isolato, non una sorta di manifesto di una miserabile “filosofia di vita”, modello di tanti trapper e rapper odierni, sulla scia dei delinquenziali gangsta-rapper USA, semi-criminali ultra macho-suprematisti. In più, altri tempi, altra qualità musicale ma soprattutto brano circolante in una umanità italiana ben altrimenti “vaccinata” e consapevole, e altro potere di influenza  sui giovani del ’68 e degli anni ’70, lontani anni luce dal suprematismo macho che affascina oggi tanti giovanotti rintronati dai social. E, dettaglio finale non proprio trascurabile in quel di Ladispoli, ai due sciagurati il Comune avrebbe versato ben 200 mila euro per le loro insopportabili macho-imprese.