La prima e la più semplice delle letture del voto nelle elezioni politiche di domenica 4 marzo ci parla di un fortissimo scossone al quadro istituzionale italiano, visto il trionfo delle due forze che si sono presentate – o meglio, sono apparse – come anti-Sistema, anche oltre le loro reali intenzioni. Ma a noi, credo, spetta di andare più a fondo, non già per il gusto di un’analisi più “sofisticata” del voto ma per comprendere quali conseguenze il nuovo quadro istituzionale potrebbe avere, oltre che sul Paese tutto, sulla nostra attività sindacale, sociale e – almeno così mi piacerebbe – politica

 1) Il risultato più eclatante, a parere generale, è il trionfo dei Cinque Stelle che va un po’ oltre le previsioni, anche se i sondaggi più lungimiranti li davano da tempo oltre il 30%: Su di essi tra noi COBAS ci sono pareri diversi, e so bene che un discreto numero di iscritti/ e di attivisti/e li ha votati in precedenza e magari anche ieri. So altrettanto bene che lo sbalorditivo successo di questa organizzazione, assolutamente “padronale”, ultragerarchica e a-democratica all’interno, con un personale raccogliticcio e in buona parte cialtrone e arrogante, dipende dall’essere riusciti a inglobare di tutto, cambiando idea e posizioni a seconda dei sondaggi: e soprattutto dall’aver incarnato la voglia di vendetta e rivalsa contro tutto il quadro politico istituzionale. Dunque non penso di convincere chi ritiene che comunque i 5S avranno un effetto benefico sulla situazione politica ed economica italiana. Mi sento in dovere però di segnalare due cose: a) al di là dei fumi ideologici su “onestà-tà-tà-tà”, il programma del padre fondatore Casaleggio senior era ed è un mix tra l’ideologia “libertaria” della Silicon Valley sul piano dei diritti civili e dei costumi, e l’ultraliberismo modello Tea Party USA sul piano economico-sociale; b) tutta la campagna elettorale è stata impostata da Casaleggio junior (ed incarnata da Di Maio) per dimostrare che i 5S non sono affatto una forza anti-sistema ma anzi sono la carta migliore a disposizione del Sistema per darsi una ripulita e ripartire senza il fardello della eccessiva corruzione e degli sprechi, disfunzionali per un capitalismo moderno. Ciò tenendo conto, seppure i prossimi passaggi istituzionali saranno maledettamente complicati e apriranno scenari interessanti, non mi farei illusioni sulla possibilità che davvero i Five Stars vogliano mettere in crisi il sistema. Credo che il vero progetto dei Casaleggio non sia distruggere la “politica” ma semplicemente sostituirne il vecchio personale inserendovi centinaia di deputati e senatori senza arte né parte che, grati a chi li ha miracolati, ne eseguiranno gli ordini docilmente; né penso che proveranno a rifare quello che ha portato alla perdizione Renzi, ossia cercare di scavalcare/annullare i poteri intermedi. D’altra parte basta guardare quel che è successo a Roma e a Torino, ove le amministrazioni 5S non hanno sfiorato nessuno dei poteri che conta e anzi ci sono venute a patti rapidamente e in maniera anche più docile e subordinata che le precedenti. Né mi stupirei infine se i Cinque Stelle cercassero di accordarsi con un PD epurato da Renzi, mentre la vedo più difficile (ma non impossibile, cfr. alleanza con Farage a livello europeo) con la Lega; o infine entrassero a far parte da “dominus” di uno schieramento ancora più ampio.  

 2) Anche per quel che riguarda il disastro PD la sorpresa non è poi tanta: i sondaggi più benevoli li davano al massimo al 22% e i “malevoli” (ma azzeccati) sotto il 20%. Certo, Renzi ci ha messo del suo ma è anche stato abbandonato da tutti i ministri che hanno fatto campagna per sé tenendosi ben lontano da lui; certo in Italia il fiuto storico alla “Franza e Spagna basta che se magna” aiuta a cogliere subito chi saranno i nuovi padroni e dunque ad abbandonare altrettanto rapidamente i perdenti, con la logica del “bastonare il can che affoga”. Ma questa è solo la superficie: la verità è che al PD è successo quel che in Europa è accaduto a tutti i partiti socialisti, che hanno perduto ogni ruolo significativo, ogni identità e che sono stati percepiti solo come dediti all’occupazione del potere. In Germania, dopo l’accordo con la Merkel, SPD è dato nei sondaggi addirittura al disotto dei fascistoidi di AfD; in Francia il PS è pressoché sparito; e non parliamo dell’Est Europa. In Italia ci si è aggiunta la gestione governativa durante la crisi, l’arroganza e megalomania di Renzi ecc. ma la sostanza è la stessa. Sta di fatto però che le perdite principali del PD, a mio parere, non sono state solo a sinistra, anzi. A meno, appunto, di considerare i 5S un partito di sinistra e dunque di leggere così il travaso di voti (so bene che molti/e che si considerano di sinistra oggi pensano di fare “l’entrismo” nei Cinque Stelle e li hanno votati), pur tuttavia tale travaso più o meno era già avvenuto. Stavolta chi voleva votare a sinistra del PD, almeno per come sinistra e destra sono mediamente percepite ancora in Italia, aveva almeno due possibilità: LeU e Potere al Popolo. E il disastro di queste due liste, come dirò tra poco, non è affatto minore di quello del PD. Comunque, il risultato più rilevante del tonfo PD sarà la cacciata di Renzi, verso il quale però, non dimentichiamolo, l’avversione non è venuta solo da sinistra ma anche dal Sistema stesso, appena ne ha percepito la voglia di “assolutismo” e di scavalcamento dei vari e diffusi poteri, che in Italia sono tantissimi e ben incrostati nella società e che ora si preparano a digerire, con ottime possibilità di successo, anche i Five Stars.

 3) Il dato davvero inquietante di queste elezioni, a mio parere, è però il trionfo della Lega salviniana e fascistoide, che è poi anche quello che più si discosta dalle previsioni insieme al tonfo berlusconiano. La Lega, fino alla vicenda di Macerata, era data unanimemente al 12-13%, ben distanziata da FI data al 16-17%. Sorprendentemente per chi non vuole darsi pace ed accettare quanto i migranti siano diventati un’ossessione per i due terzi degli italiani/e (che si dicano di sinistra, di destra o di centro poco cambia), la Lega ha fatto il balzo più forte rispetto ai sondaggi, con almeno 5 punti in più, togliendoli a FI ma anche allo stesso PD, a Nord ma pure nelle ex-Regioni Rosse. Personalmente negli ultimi anni ho insistito molto per segnalare quanto la paura, il fastidio, l’invidia/gelosia spinta fino all’odio acefalo verso i migranti e i diversi “invasori” abbia raggiunto territori impensabili fino al decennio scorso. Tanta gente “normale”, che ha sempre votato a sinistra, e che, vedendomi ogni tanto in televisione o sapendo più o meno quale è il mio ruolo, dopo avermi espresso simpatia per quel che facciamo e diciamo, in migliaia di chiacchierate più o meno informali, alla fine sempre lì arrivava e arriva: sì, avete ragione su tutto, ma sui migranti non se ne può più, basta, rimandiamone parecchi a casa e chiudiamo il più possibile le porte. Più volte vi ho ripetuto, sulla base di queste elementari esperienze oltre a quanto circola in rete, che oggi qualsiasi referendum anti-migranti vincerebbe a mani basse, papa o non papa. Dunque non ritengo sorprendente che dopo i drammatici eventi di Macerata, la Lega, invece di pagare pegno, è decollata fino a insidiare il secondo posto al PD tra i partiti. Milioni di cittadini hanno dato ragione a Salvini sul tema “non siamo noi ad essere razzisti, sono loro ad essere negri”. E dunque l’unico modi di evitare guerre civili a bassa intensità nelle nostre città è, come dice il ducetto, chiudere le porte e cacciarne un bel po’. Su questa linea Salvini (al suo 18%, che a Nord diventa quasi doppio, dobbiamo aggiungere il 4-5% della Meloni) assume non solo l’egemonia della destra, collocandola all’estremo del panorama europeo, ma si prepara ad assorbire sia il prevedibile sfarinamento di FI con un Berlusconi che stavolta dovrebbe definitivamente retrocedere a gregario portatore d’acqua, ma anche i possibilissimi passi falsi dei Cinque Stelle. Insomma, quando il Salvini si disegnava come possibile presidente del Consiglio non sognava. Oggi no, certo, ma il futuro sembra roseo per una destra estrema che interpreta benissimo le volontà sovraniste, isolazioniste e protezioniste, oltreché razziste e xenofobe di una grande parte di italiani/e che va ben oltre, a mio parere, del 20%. In tal quadro l’irrilevanza delle varie Case Pound e Forze Nuove ecc. è apparsa lampante. E questo dovrebbe far riflettere chi pensa di fermare questa deriva fascistoide contrastando in piazza i gruppettari di destra (per carità, se li si tiene lontani da certe borgate, tanto meglio, però..), quando ad interpretare tutto ciò c’è una forza che può tranquillamente arrivare in tempi neanche troppo lunghi ad essere il partito più forte e che ha con sé milioni di italiani/e che non possiamo “redimere” a colpi di manif antifasciste stile anni ’70.

4) Che questo spostamento a destra, e verso la destra più estrema di milioni di persone (come già successo in gran parte di Europa) sia l’elemento più rilevante di queste elezioni, lo cnoferma in maniera ancor più netta il disastro delle liste a sinistra del PD. Si può anche dire (e io lo penso) che D’Alema sia peggio di Renzi, e che l’unico suo vero scopo era far perdere Renzi e farlo cacciare. Ma LeU nell’immaginario generale si configurava come l’uscita da sinistra dal PD, fatta per recuperare coloro che non volevano più votare un partito tanto spostato a destra. E all’inizio alcuni sondaggi li davano addirittura vicini alle due cifre: e invece supereranno per un pelo la soglia del 3%, malgrado le Boldrini e i Grasso, i Fratoianni e i Civati, le Falcone e gli Speranza, nonché gran parte della Cgil. Certo, direte voi, Grasso è sembrato il gemello di Ingroia e il lungimirante Crozza, avendolo capito subito, lo ha massacrato, contribuendo alla sua ridicolizzazione. Ma per il votante medio questi sono dettagli. La verità è che  se il PD è sembrato aver perso ogni identità, LeU non ne ha mai avuta una, se non un generico e non credibile sinistrismo d’antan. Ebbene, tale sinistrismo non interessa più a nessuno, il social-comunismo novecentesco ha esaurito ogni funzione ed è oramai un reperto del passato, in disuso come la falce del ben noto simbolo.  E lo è anche nella versione gruppettara di Potere al Popolo. Immagino che potrò turbare alcune sensibilità, visto che un bel po’ dei nostri militanti, li ha votati, come fatto a suo tempo con Rifondazione, con l’Arcobaleno, la lista Ingroia, l’Altra Europa per Tsipras, via via scendendo nei consensi fino a questo quasi commovente PoP (di cui però ho visto uno sconcertante video poco fa, con ‘sta Garofalo, nominata addirittura sul campo “capo politico di”, che straparlava di grande successo, annunciando che la prossima volta “non ce ne sarà per nessuno”). In questi ultimi anni mi avete sentito spesso “tuonare” contro il gruppettarismo novecentesco, contro i tentativi sempre più inani di resuscitare gli anni ’60 e ’70, le falci e martello, i poteri al popolo (popolo che in quanto tale, in quanto mito, non esiste o casomai in gran parte vota qui Salvini, lì Le Pen, altrove Orban e compagnia), un non meglio specificato comunismo, visto che chi lo doveva “rifondare” non ha manco poi scritto una riga (non dico un paio di libri da 600 pagine per provarci, vedi il povero fesso che vi scrive) su che diavolo sarebbe ‘sto comunismo non novecentesco o staliniano o da socialismo reale. Ma stavolta la vicenda di PoP supera tutti gli accrocchi degli ultimi anni e tocca minimi storici.5) E veniamo a noi. Questa debacle elettorale di una sinistra comunque la si voglia definire apre scenari impensabili a mio parere, e spazi potenzialmente rilevanti. Non è megalomania dire che l’unica sigla spendibile, per l’immaginario di massa, sarebbe quella COBAS, che avrebbe (come vedete, abbondano e abbonderanno nelle prossime righe, i condizionali) tutti gli aspetti di novità e di potenziale uscita dagli schemi che hanno avuto Lega e 5S senza averne i connotati negativi. Fin dall’inizio i COBAS sono apparsi una cosa nuova, fuori dai canoni consueti, difensori intransigenti, coerenti e combattivi dei lavoratori/trici, dei servizi sociali e dei beni comuni; e nel contempo disposto a battersi contro i poteri e le ingiustizie sociali indipendentemente dalle sigle al governo, non marchiati troppo dal sinistrismo novecentesco, almeno nella maggior parte delle sedi, ma intrisi di quegli ideali e principi che si chiamavano comunisti, senza però la tara del socialismo reale e dello stalinismo. Insomma, avevamo tutto il necessario per assumere un ruolo centrale politico in Italia. Lo avevamo alla nascita, prima dell’avvento della Lega: ma i padri fondatori non erano proprio in grado di percepire i mutamenti in arrivo. Lo eravamo durante il Movimento no global, di cui fummo massimamente protagonisti, delineando una nuova sinistra davvero popolare, almeno potenzialmente. Lo siamo stati durante il governo Prodi bis, dal 2006 al 2008, quando abbiamo incarnato l’alternativa e quando abbiamo messo in crisi verticale (e persino umiliati, ricordate il 9 giugno 2007, noi con centomila persone anti Bush, loro in 500 a p. del Popolo?) prima la sinistra “radicale” e poi l’intero governo caduto per le divisioni interne. E lo saremmo stati prima che arrivasse Grillo, prima di quell’infausto 15 ottobre 2011 che convinse definitivamente giovani e meno giovani che dal gruppettarismo non ci si poteva attendere che casini e lotte intestine e che tanto valeva puntare sui Five Stars.  L’incredibile è che, malgrado tutte le occasioni perse, un ruolo politico centrale lo potremmo ancora avere oggi, nel deserto che si delinea. Perché tra la gente comune sento sempre parlare bene dei COBAS, perché persino tra i carcerati e nell’immenso disagio psichico dei senza-difese i COBAS si stanno facendo la fama degli unici capaci ed interessati ad aiutare gli “ultimi”, perché lo stesso succede con i migranti e i kurdi, gli ambientalisti e i palestinesi, i pacifisti e i no-war ecc. Ma c’è un MA: la abbondante maggioranza di noi questo ruolo non l’ha voluto assumere o non è stata capace o forse un mix delle due cose. Conosco il ritornello: se ci buttavamo sul politico perdevamo il sindacale; e poi, il livello istituzionale non ci interessa, salvo poi impiegare energie colossali per recuperare quell’istituto “eversivo” che è l’assemblea in orario di servizio. Ok: però poi una cosa mi resta incomprensibile. Mentre io non ho mai votato un partito in questo mezzo secolo, perché la grandissima maggioranza dei nostri/e militanti, che pure non vogliono assumere un vero ruolo politico, che non ritengono essenziale l’intervento nelle istituzioni, poi però sempre e comunque vanno puntualmente a votare, seguendo tutte le meteore o fuochi fatui che appaiono, dal PRC all’Arcobaleno, dalla lista Ingroia alla lista Tsipras, giù giù fino a PoP, e molti/e, peggio del peggio, passando pure per i Cinque Stelle?

6 marzo 2018