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PORTO ALEGRE 2002
luci e ombre del Forum Sociale Mondiale
Relazione della delegazione COBAS
Febbraio 2002
PORTO ALEGRE 2002: luci e ombre del Forum Sociale Mondiale
Il secondo Forum mondiale di Porto Alegre è stato sicuramente un evento di rilievo, complessità e conseguenze tali da rendere non facile una relazione esauriente e a lettura univoca di esso. Purtuttavia, ci auguriamo di riuscire, con questa breve relazione, a fornire con sufficiente chiarezza gli elementi basilari di interpretazione dell’avvenimento dal punto di vista della Confederazione Cobas.
I numeri
Come enunciazione d’apertura, si può dire che il Forum ha riproposto a livello mondiale il peso, la portata e l’estensione del movimento antiliberista ed il peso che le componenti dichiaratamente anticapitalistiche hanno al suo interno; ha costituito una esperienza umana significativa per decine di migliaia di persone ben oltre i delegati più agguerriti e politicizzati, caricando di energia i partecipanti (soprattutto quelli meno smaliziati o “addetti ai lavori”); ha segnato un passo avanti nella definizione di un programma comune e delle tappe per perseguirlo.
Rispetto alla prima edizione, salta subito agli occhi l’enorme estensione quantitativa: il triplo dei partecipanti (60-70 mila, di cui circa ventimila delegati ), una rete enorme di assemblee plenarie, seminari e workshop con decine di iniziative che si accavallavano, il campeggio dei giovani intitolato a Carlo Giuliani, con circa ventimila presenze, un salto di qualità nel dibattito politico tra le principali organizzazioni promotrici, soprattutto nell’assemblea dei movimenti sociali ed in quella delle delegazioni europee. Va tenuto conto, in particolare, l’influenza delle “plenarie” (assemblee monotematiche enormi – dalle 2 mila alle 10 mila presenze l’una – con la presenza di intellettuali e di esperti internazionali “militanti”) e delle “oficinas” (laboratori monotematici di discussione tra piccoli gruppi ) per la diffusione di temi specifici e di reti i cui frutti non sono apparsi clamorosamente nell’immediato ma che si vedranno nei prossimi mesi in tutti gli angoli del mondo, provocando o rafforzando, in giro per il pianeta, specifiche e coordinate mobilitazioni politiche e sociali sui temi stessi.
Il dibattito politico
Guardando invece agli assi politici e strategici del discorso complessivo – anche se nei documenti finali tale orientamento non ha il peso che ha avuto nei dibattiti – ci pare indubbio rilevare che l’ostilità alla guerra globale, scatenata dall’imperialismo Usa e dai suoi alleati, e al liberismo, sia apparsa unanime, in maniera assai più netta dell’anno scorso, quando fu difficile arrivare finanche a poche righe di condanna della guerra in Jugoslavia. Infatti, sia nell’enorme corteo che ha aperto il Forum che in quello di chiusura, ma soprattutto nella discussione assembleare, le posizioni anticapitaliste sono apparse decisamente maggioritarie ed articolate, anche attraverso nuovi elementi analitici che però hanno riaffermato la strumentazione teorica marxiana: un simbolo per tutti lo striscione che apriva l’enorme spezzone del corteo di Via Campesina e dei Sem Terra “Un altro mondo è possibile: ed è socialista”.
Abbiamo poi registrato un vistoso ampliamento delle tematiche sul conflitto capitale-lavoro e sul conflitto sociale in genere, sulla difesa e l’estensione dei servizi sociali e delle strutture pubbliche contro le privatizzazioni, verso l’affermazione di diritti sociali globali, di servizi pubblici universali da diffondere anche dove il welfare non è mai arrivato. Queste tematiche hanno trovato spazio anche se la mistura tra sindacati concertativi e non, già manifestatasi l’anno scorso, e un certo “ingessamento” delle tematiche del lavoro, provocato dagli equilibri interni alla CUT (il grande sindacato brasiliano, dieci milioni di iscritti, che ha come referente politico il PT, Partito dos Trabalhadores) hanno limitato fortemente i risultati di tale diffusione di contenuti.
Il documento dell’assemblea dei movimenti sociali
In questo contesto anche il documento ufficiale dell’assemblea dei movimenti sociali – seppure rappresenti lo scritto più avanzato prodotto nell’ambito del Forum – risulta indubbiamente penalizzato dalla logica dei veti e dei compromessi. Una mistura di elementi scontati e di critiche generiche che non devono scontentare nessuno – dove tutti indiscriminatamente possono riconoscersi – per poter lanciare un’agenda di lotta a livello mondiale.
In particolare, sull’ostica questione del terrorismo, dell’uso della violenza e della forza – seppure il documento finale dei movimenti sociali, abbia raccolto le pressioni decisive della delegazione Cobas contro la formulazione originaria – è stata utilizzata una formulazione ambigua, che non rispetta il punto di vista delle delegazioni provenienti dall’ “altra parte del mondo”. Queste ultime hanno espresso in genere una posizione più puntuale e più soddisfacente della cauta e difensiva posizione che ha prevalso in Europa, in parecchie componenti del movimento, dopo gli attentati delle Twin Towers. E’ doveroso rilevare che in questo dibattito esistevano posizioni fortemente contrastanti: la delegazione francese – ed in particolare ATTAC – proponeva di non usare affatto la categoria “terrorismo” in quanto imprecisa e strumentalizzabile; le dichiarazioni di tante delegazioni dell’America Latina e del Terzo mondo, a nostro avviso ampiamente maggioritarie – oltre che di intellettuali come Chomsky o Walden Bello – indicavano invece negli Usa la principale fonte di terrore nel mondo e ricalibravano gli attentati dell’11 settembre alla luce delle stragi e dei massacri che tanti paesi più sottoposti al dominio Usa hanno subito in questi anni. Solo le cautele/preoccupazioni delle principali organizzazioni brasiliane, sottoposte a formidabili pressioni da parte degli ambienti esterni brasiliani, anche a colpi di attentati alle sedi e ai responsabili dell’organizzazione (durante il nostro soggiorno a P. Alegre è stata assaltata e devastata la sede di S. Paulo e poco prima era stato ammazzato un sindaco del P.T.), nonché dal coinvolgimento diretto nella battaglia elettorale per le elezioni presidenziali e dal rapporto con il potente sindacato statunitense AFL-CIO, che si è schierato in maggioranza a favore della guerra contro l’Afghanistan.
I “non desiderati”
In tale quadro, grande rilievo ha avuto comunque la solidarietà all’Argentina, alla Palestina e alla Colombia in lotta, nonché la riaffermazione dei tremendi prezzi pagati da tanti popoli all’egemonia Usa, dall’Afghanistan all’Iraq, dal Guatemala al Cile, dalla Jugoslavia al Kurdistan.
Solo la moderazione, imposta di fatto dalle organizzazioni brasiliane e di Attac Francia ha parzialmente limitato tale netta e radicale posizione. Ciò ha creato anche alcuni incidenti “diplomatici” intorno alla vicenda, su cui tante voci stanno circolando in rete, delle organizzazioni “non invitate” in quanto praticanti la lotta armata (in realtà, per quel che noi sappiamo, non c’è stata alcuna “lista” di organizzazioni “non gradite”, ma una dichiarazione iniziale del Consiglio mondiale che precisava che non erano state invitate le organizzazioni “che praticano la violenza come metodo di lotta politica”, senza però che venisse chiarito a chi andava applicato tale concetto.
Tale dichiarazione ha comunque creato notevoli ambiguità e come delegazione Cobas ci ha visto decisamente contrari, anche se non avevamo significative possibilità di influenzare l’orientamento del Consiglio mondiale. Va rilevato comunque, che vari rappresentanti della lotta armata colombiana e palestinese, così come le organizzazioni politiche, sindacali e sociali basche, erano presenti e hanno preso ripetutamente la parola nei vari seminari e Forum ufficiali ed anzi ci sono state vere e proprie assemblee convocate da coloro indicati come “espulsi”. In quanto alle madri di Plaza de Mayo, la vicenda è piuttosto complessa. Ci sembra di aver capito che, dopo le dichiarazioni di Bonafini sull’11 settembre, si sia provocata una differenziazione al loro interno, nonché, ma per ragioni legate alla lettura del movimento di lotta in Argentina, all’interno della delegazione argentina che è stata tra i protagonisti principali dei lavori. Va rilevato che Hebe era tra le “personalità” sul palco alla cerimonia di chiusura del Forum, anche se in alcune occasioni, pur essendo stata sollecitata da noi, ad esempio durante la contestazione al Forum dei parlamentari, ha preferito non prendere la parola. Sempre per chiarire va ricordato che le “madri” erano presenti nella presidenza dell’assemblea plenaria sulle lotte in Argentina, assieme agli hijos al movimento dei disoccupati, del sindacato argentino CTA e dei principali esponenti dei movimenti sociali.
Per quel che riguarda infine gli zapatisti, è piuttosto noto che si sono chiusi da alcuni mesi in uno dei loro tradizionali e “fragorosi” silenzi e dunque ci pare poco credibile che abbiano chiesto di intervenire, ricevendo un rifiuto).
Quando queste voci sono arrivate alle nostre orecchie a Porto Alegre, abbiamo posto subito il problema sia alla delegazione italiana sia all’assemblea dei movimenti sociali, battendoci strenuamente contro la contraddizione in cui si era impelagato il Consiglio mondiale (egemonizzato dalle delegazioni brasiliani, alle quali va comunque riconosciuto l’impulso dato alla estensione e al collegamento del movimento, e dall’asse con i francesi di Attac), che, mentre sembrava voler discriminare alcune organizzazioni armate, offriva nel contempo (o non impediva) una tribuna rilevante sia al Forum degli amministratori sia a quello dei parlamentari, ove scorazzavano politici liberisti e a favore della guerra.
Oltre che dalla presa d’atto di questa inaccettabile discriminazione nei confronti di quelle forze che lottano anche con la lotta armata contro l’oppressione, la contestazione al Forum dei parlamentari nasce dalla necessità di dare un segno visibile al nostro rifiuto di farci espropriare dei contenuti di lotta da parte dei deputati neoliberisti che hanno votato a favore della guerra.
Il ruolo del Consiglio mondiale
Meritano di essere citati con il rilievo dovuto anche gli altri punti critici che, pur essendo di peso più ridotto degli elementi positivi, non vanno trascurati, sia per lavorare per correggerli sia per evitare che invece vadano ingigantendosi da qui alla prossima edizione del Forum mondiale, soprattutto tenendo conto delle nuove articolazioni di movimento che si creeranno intorno ai Forum continentali che verranno promossi in autunno.
Innanzitutto, il ruolo ed il peso del Consiglio mondiale (struttura creata l’anno scorso, su un asse brasilian-francese, a dominanza brasiliana e con dentro rappresentanti di alcune reti mondiali e ,per l’Italia, Vittorio Agnoletto), la cui composizione e compiti non è stata neppure posta in discussione durante il Forum, nonostante tale struttura sia la principale fonte di decisioni per ciò che riguarda il Forum mondiale. Che un organo del genere fosse in qualche misura necessario, data l’enorme complessità del lavoro, e che esso fosse guidato dalle strutture politico-sindacali-sociali che il Forum avevano concepito, reso possibile e organizzato, ci è apparso fino a ieri quasi inevitabile.
Il problema è quanto oggi si voglia consolidare o addirittura estendere tale egemonia “gerarchica”, quanto il ruolo “istituzionale” delle forze brasiliane coinvolte possa divenire un vincolo, un marchio e, alla lunga, un limite, ricreando una dipendenza ed un appiattimento sulla realtà brasiliana analogo, mutatis mutandis, a quello dei partiti comunisti sull’Urss negli anni’20.
In tale quadro, non ci ha convinto affatto, né nel metodo né nel merito, la decisione del Consiglio mondiale, di stabilire, ancor prima che il Forum iniziasse, che il 3° Forum mondiale si svolga nel 2003 nuovamente a Porto Alegre, non essendoci – questa è stata la motivazione – altre candidature del Terzo Mondo e non accettando candidature del Primo Mondo, senza che l’argomento venisse neanche posto in discussione durante i lavori. Oltretutto, tale tempistica ci costringerà ad organizzate i Forum continentali in tempi strettissimi ed in periodi climaticamente sfavorevoli come l’autunno inoltrato, mentre sarebbe stato assai più opportuno svolgere i Forum continentali nella primavera-estate (per l’Europa) del 2003, ed il Terzo Forum mondiale nel 2004 in una sede diversa da Porto Alegre. Ora, se ai brasiliani va il merito di aver dato vita ad un’iniziativa, altrove impossibile quando è stata concepita, il rischio di ribadire una permanente “casa madre” in Brasile, con la ovvia dipendenza dalle principali organizzazioni brasiliane, dal PT alla CUT, con le loro complesse dinamiche interne ed istituzionali, non dovrebbe essere sottovalutato da nessuno.
E anche sulla costituzione di un Consiglio europeo (e degli altri continentali per gli analoghi Forum) che dovrebbe gestire il primo Forum europeo di novembre in Italia, abbiamo sentito indicazioni non tranquillizzanti da parte di autorevoli esponenti del Consiglio mondiale (organo costituito per Porto Alegre 1 e poi mai sottoposto a verifica) come Bernard Cassen, secondo le quali dovrebbe essere il Consiglio mondiale a controllare e vidimare con i propri esponenti tale costituzione. Ora, se è ovvio che non avrebbe senso costituire i Forum continentali in alternativa/contrapposizione a quello mondiale, non è neanche accettabile essere messi “sotto tutela”, con un processo gerarchico dall’alto che pioverebbe ad esempio sul Forum europeo sovradeterminandolo,
Il ruolo del Cobas nella delegazione italiana
La delegazione italiana ovviamente non rappresentava unitariamente tutti i delegati italiani presenti nel Forum. Si era convenuto già dall’ultima Assemblea Nazionale di Roma che potesse rappresentare appena coloro che facevano riferimento ai movimenti sociali che si riconoscevano – nelle differenze dei percorsi – nell’ambito dei Social Forum, con le discriminanti del rifiuto della guerra e dei programmi neoliberisti. Seppur non senza contrasti e discussioni accesissime, la delegazione italiana ha svolto un ruolo di rilievo superiore a quello dello scorso anno, portando a casa, grazie anche alla presenza puntigliosa e intransigente della delegazione Cobas, risultati di portata non trascurabile.
Innanzitutto, siamo stati i principali promotori, con la fattiva compartecipazione di argentini e brasiliani, della aspra contestazione al “centrosinistra mondiale”, che voleva rifarsi una verginità politica sorvolando sul liberismo e sul sostegno alla guerra. Tale contestazione ha risistemato i confini programmatici del movimento e segnato l’inizio dei lavori.
Poi, seppur tra contrasti, abbiamo ottenuto che il primo Forum europeo si svolga in Italia. E non si tratta di un successo “ di campanile”: farlo in Italia con dietro il più poderoso movimento d’Europa e di fronte il peggior governo d’Europa, non è la stessa cosa di effettuarlo in Francia sotto l’egida di aree politiche abbastanza prossime al governo Jospin, con il rischio di una soffocante presenza istituzionale. La scelta di effettuare il Forum in Italia non è comunque esente da rischi di questa natura: come delegazione Cobas abbiamo già detto che non saremo disposti ad accettare alcuna forma di “inciucio” con le Amministrazioni locali, né a consentire che i contenuti di lotta di un Forum diventino merce di scambio con qualche politico ansioso di farsi propaganda elettorale sulla nostra pelle: noi vogliamo avere mani libere ovunque per porre i nostri contenuti e le manterremo a qualsiasi costo.
Abbiamo poi dato un contributo rilevante, anche qui tra contrasti non indifferenti, al miglioramento del documento finale dell’Assemblea dei movimento sociali, sia sulla questione della guerra e del terrorismo, sia sulle tematiche del conflitto sociale: anche se varie forze, anche all’interno della delegazione italiana, hanno impedito una radicalità assolutamente a portata di mano nella formulazione finale.
Infine, il nostro lavoro ha contribuito decisamente a porre al centro dell’attenzione, per ciò che riguarda i grandi appuntamenti di mobilitazione mondiale antiliberista, le iniziative intorno all’appuntamento della FAO a Roma il 12 giugno. Tutto lascia credere che avremo, per quella data, una partecipazione mondiale all’evento almeno equivalente a quella di Genova e che dunque grandi responsabilità incombono sul movimento italiano per la buona riuscita della manifestazione e delle iniziative di dibattito che accompagneranno l’assemblea della FAO.
In quanto al metodo democratico all’interno della delegazione italiana, ricordiamo innanzitutto che siamo stati, come già l’anno scorso, l’unico caso di delegazione unitaria nazionale: da tutti gli altri paesi sono giunte delegazioni delle singole organizzazioni o reti o movimenti, ognuno dei quali voleva assolutamente parlare per sé, senza mediazioni. La nostra delegazione si è riunita una prima volta in sede plenaria (almeno 500 partecipanti) ed ha fissato alcune linee-guida da sostenere nel Forum, nonché un appuntamento giornaliero di conferenza-stampa gestito a rotazione da gruppi di 3-4 delegati che variavano ogni giorno.
E’ stata anche sfatata, speriamo definitivamente, la “leggenda” che imponeva l’inevitabilità di un portavoce che, altrettanto inevitabilmente, finisca per assumere il ruolo di “segretario generale del movimento”: si è visto che gruppi ad hoc, e a rotazione, possono svolgere benissimo tale funzione e che, anzi, tale articolazione collegiale e mobile è più funzionale, rassicurante e rasserenante rispetto all’accentramento di giudizi, rappresentanza ed esposizione elevatissima su una sola persona, aldilà del nome, delle capacità e volontà soggettive.
La delegazione si è poi rivista giornalmente in appuntamenti assembleari che però hanno coinvolto in genere 100-150 persone, con disfunzioni notevoli nella circolazione delle informazioni, che avremmo potuto almeno in parte evitare, nonostante l’accavallarsi frenetico di iniziative, se ci fosse stato un adeguato lavoro unitario in tal senso.
Un discorso a parte merita l’attività che come Cobas abbiamo svolto cercando di intessere rapporti con le organizzazioni che avevano con noi posizioni più similari. In particolare ci è sembrato degno di interesse il contatto sviluppato con la delegazione argentina ed in particolare con il sindacato CTA, che pur non potendosi definire un sindacato autogestita svolge un ruolo di aggregazione di base ed in questo momento è completamente interno alle dinamiche dei movimenti sociali argentini.
Ci è sembrato di poter capire che in questo momento la situazione in questo paese merita molta attenzione e sostegno per gli sviluppi che potrebbe avere.
Questi compagni sono in modo particolare preoccupati dei problemi legati alla repressione che vanno ben oltre alla lista dei 27 morti durante le sommosse popolari.
Ci hanno parlato di un compagno, leader dei disoccupati incarcerato e poi condannato ad oltre 5 anni. Abbiamo preso in considerazione l’ipotesi di dare vita ad un collegio di difesa internazionale per dare risalto internazionale a questa situazione.
Importante è comunque organizzare forme di sostegno internazionale a partire dalla corretta informazione sui fatti e sulle condizioni sociali presenti in questo paese, dove il neoliberismo ha letteralmente distrutto l’economia del paese.
L’informazione fornita dalla nostra stampa quotidiana è stata spesso fuorviante e ci ha rappresentato i “cacerolazos” come movimento della classe media che non si pone alcun problema di trasformazione sociale. Abbiamo potuto verificare che in realtà le assembleas barriales costituiscono sicuramente un forte antidoto a questo rischio.
Riteniamo opportuno in questo contesto organizzare anche uno scambio di delegazioni per scambiare esperienze che devono crescere in sintonia anche creando strumenti comuni.
Altro importante riferimento è stato per noi l’attività di Via Campesina e dei Sem-Terra con cui riteniamo indispensabile proseguire il rapporto. Questo movimento sta assumendo un peso sempre più straordinario nelle lotte dell’America Latina e i contenuti delle lotte li portano ad essere uno splendido esempio di come si può coniugare radicalità e movimento di massa.
Gli appuntamenti: l’Assemblea nazionale di movimento del 2-3 marzo
E’ evidente che l’Assemblea nazionale di movimento del 2-3 marzo a Bologna dovrà dedicare ampio spazio ai processi decisionali a livello nazionale ed internazionale. Tenendo conto pure del fatto che il movimento non si riassume solo in quanto, pur di grandissimo rilievo, si è manifestato a Porto Alegre e di quanto in Italia si rappresenta nei Forum sociali (per favore, chiamiamoli all’italiana e non all’inglese, in tutto il mondo non anglosassone tutti usano la propria lingua al proposito) e nelle aree nazionali organizzate: e che dunque sarebbe distruttivo qualsiasi tentativo di costruire una sorta di Partito (nazionale o mondiale) dei Forum sociali con un suo programma organico e rigido da prendere o lasciare “in toto”.
Nello stesso tempo, però, è indubbio che mettere insieme aree o organizzazioni nazionali, Forum locali e settori di movimento che poco o nulla partecipano alle attività dei Forum – e per giunta farlo a livello europeo, ove non esiste alcun tentativo unitario analogo a quello italiano – è un processo di una complessità inaudita e senza precedenti. E resta il fatto, comunque, che se l’intero movimento antiliberista e anticapitalista non è racchiuso solo nelle principali organizzazioni nazionali che hanno promosso l’ex-GSF e nei Forum sociali, purtuttavia tale intreccio è quello che ha promosso, guidato o agevolato in maniera decisiva tutte le principali mobilitazioni unitaria, dal 10 novembre contro la guerra o il 19 gennaio in difesa dei migranti: ed anche straordinarie mobilitazioni dei lavoratori, come quella dei Cobas e del sindacalismo di base il 15 febbraio, hanno potuto trarre agevolazioni significative da tale quadro unitario (e nulla toglie a ciò il fatto che sia alle Assemblee nazionali che ai Forum locali partecipino molte meno persone di quelle che vanno ai cortei: questo è sempre successo, anche nel ’68 o nel ’77, quando pure le organizzazioni nazionali o non c’erano o erano molto meno presenti).
Nell’assemblea di marzo, dovremo delineare in particolare il processo di formazione del Forum europeo: come ne discutiamo i contenuti, come lo strutturiamo ed in particolare di come riusciamo a far partecipare i movimenti di quei paesi europei (Germania, Inghilterra) e tutta l’area dei Balcani e delle repubbliche ex socialiste finora assenti in questo dibattito, come coinvolgiamo le più ampie aree di movimento presenti nel nostro paese anche quelle non immediatamente riconducibili a i Social Forum, evitando sia le gerarchizzazioni sia il caos; nonché la scelta della sede, che eviti strumentalizzazioni istituzionali ma garantisca le strutture adeguate, e la delegazione che andrà a Bruxelles il 9 marzo per il primo incontro europeo. Dobbiamo poi arrivare a definire quel nuovo Patto di lavoro che, partendo e non fermandosi al documento di Porto Alegre, articoli un discorso più adeguato e più attinente alla situazione italiana e al “qui ed ora”. E infine, si deve delineare un programma di mobilitazione sociale credibile e possibile che impegni collettivamente il movimento, proseguendo e rafforzando il conflitto sociale contro il governo Berlusconi le sue politiche liberiste.
La delegazione COBAS presente a Porto Alegre – Febbraio 2002
Graziella Bastelli, Piero Bernocchi, Roberto Casalini, Nicola Delussu, Giacomo Mondovì