Premessa necessaria

 Pare che la pressione dei social, delle fake news (più semplicemente dette ‘menzogne’, ‘bufale’, ‘frescacce’ o, più volgarmente, ‘stronzate’, ‘cazzate’) e degli odiatori professionali da tastiera, sia divenuta così micidiale da spingere anche gente di saldi principi e solide letture al più nero sconforto. Al punto da far ritenere loro che sia pressoché inutile continuare a contrapporre alle menzogne quotidiane elementi di realtà fattuale incontestabili sul piano tecnico e scientifico, e che risulti pratica perdente il tentativo di smontare la cosiddetta realtà percepita e virtuale utilizzando tutti i dati e le cifre della realtà-realtà. Tale erronea valutazione porta anche alcune delle migliori menti in campo – pur impegnate nel contrasto alla fortissima corrente reazionaria, fascistoide, razzista, xenofoba e nazionalista che sta dilagando in Europa, negli Stati Uniti, in America Latina ma anche altrove – a ritenere che ci si trovi di fronte ad una situazione così originale da far prendere sul serio il neologismo post-verità al fine di descrivere l’ideologia dominante. Come se fosse la prima volta nella storia universale che i poteri economici e politici usino colossali menzogne per controllare e pilotare i subordinati; o fosse la prima volta che parti considerevoli del “popolo”   accettino allegramente le bufale diffuse dai vari potentati economici, politici, sociali, religiosi, e addirittura ritengano di poterle usare a proprio vantaggio.

Eppure tanti di questi nostri sconfortati compagni/e di viaggio e di avventura,  impegnati nell’opposizione al trend dominante, hanno sufficiente bagaglio culturale, politico e antropologico per sapere che la verità-verità (nei limiti entro i quali questo termine può essere usato per le vicende umane, sulle quali un certo margine di dubbio è sempre bene conservare) nel corso dei secoli e a tutte le latitudini è stata per lo più soccombente e quando ha vinto lo ha fatto solo dopo enormi sforzi da parte di settori assai ridotti di umani più “illuminati”, consapevoli e generosi. La stragrande maggioranza dell’umanità non ha forse creduto per tanti secoli che la Terra fosse piatta e al centro del sistema solare, a sua volta al centro dell’universo esistente? E tale enorme fake news non era la diretta conseguenza delle tesi fondanti di quelle religioni e poteri ecclesiastici che predicavano la assoluta centralità nell’Universo degli esseri umani, in quanto “prodotto” cruciale della Creazione e dell’Amore divino? E più avanti nel tempo, la civiltà nordamericana e i suoi nuovi potentati non si sono edificati sulla mastodontica menzogna secondo la quale tra i nuovi arrivati bianchi e i nativi “indiani” o i milioni di africani deportati e resi schiavi, ci fosse la differenza cruciale tra umani dotati di “anima” – i bianchi – e animali privi dello spirito divino infuso – i neri e i nativi indiani – cosicché qualsiasi infamia nei confronti degli animali a due gambe potesse essere lecita e giustificata dalla religione cristiana dominante? E poi, per secoli la medicina non ha usato, come rimedio universale per gran parte dei mali, il salasso, il prelievo di sangue da parte di sanguisughe, o analoghe super-cazzole propalate per secoli, con annesse storiche tragedie collettive come la teoria degli “untori” durante la peste o il colera, al cui confronto le attuali bufale sui vaccini appaiono davvero peccati veniali?

Oppure, venendo alla politica e meditando anche pochi secondi sul sanguinosissimo (e sanguinario) Novecento, non si è forse edificato in tanti paesi il “socialismo reale” staliniano su una gigantesca truffa ideologica e sociale – che ha ingannato centinaia di milioni di persone in tutto il mondo per decenni – quale quella di un Potere Operaio, di una Dittatura Proletaria, di una liberazione dal lavoro salariato, dalle ingiustizie sociali e dalle leggi classiste e antidemocratiche di cui manco una traccia si vide mai in tali paesi sottoposti nella realtà ad una oppressiva dittatura di partiti o capi supremi? E che dire della stupefacente manipolazione di massa – della capacità di inventarsi onnipresenti nemici (gli ebrei, il complesso demo-pluto-giudaico ecc.) uniti in un complotto cosmico antitedesco, ingigantendo paure ataviche e trasformandole in odio feroce – operata dal nazismo trionfante, capace di creare in pochissimi anni una incomparabile e micidiale macchina propagandistica di diffusione delle idee hitleriane, in Germania e nel mondo?

Si dirà che però l’attuale invadenza della Rete e dei social ha una portata che quelle storiche e celebri fabbriche di fake news e di odio non avevano. Ma una tale osservazione avrebbe solo un fondamento quantitativo e si riferirebbe per lo più alla rapidità di azione delle attuali macchine del fango rispetto a quelle storiche. Perché dietro la Chiesa cattolica (e le Chiese in genere, basti pensare all’islamismo radicale che oggi racconta, e viene creduto in massa, la iper-cazzola del paradiso di Allah con le torme di vergini in attesa dei martiri!) operavano potentissime macchine del consenso che potevano far uso, oltre che dell’Inquisizione nei tempi peggiori, del terrore del fuoco eterno dell’Inferno, mentre nel caso del nazifascismo e dello stalinismo agiva, oltre alla propaganda più capillare, la violenza più spietata e inarrestabile. Insomma, al confronto di tali tremende pressioni psicologiche e materiali, l’attuale “mobbing” degli odiatori da tastiera, il martellamento di televisioni e social, la pressione di opinionisti e corifei di regime appaiono lievi come una raccolta di canti natalizi. E invece, da Galileo a tutti gli oppositori politici alle menzogne e alle truffe ideologiche dei Poteri, la verità-verità (sempre nei limiti succitati), i dati scientifici e tecnici, i risultati incontrovertibili di studi, analisi e riflessioni sono state sempre e comunque armi potenti per rompere l’isolamento, creare e stabilizzare una buona minoranza di oppositori convinti delle proprie ragioni e intenzionati ad agire, fino ad allargare significativamente tale antagonismo e in alcuni casi, certo limitati negli ultimi decenni, a registrare successi significativi, accompagnati a volte da vistosi progressi sul piano politico, sociale, economico e scientifico. Proprio a sottolineare ciò, intende servire questa mia premessa: a eliminare (o almeno ridurre) lo scetticismo rispetto ai dati reali, e non da percezione indotta, che fornirò ai lettori/trici nelle prossime pagine a proposito, in particolare, delle fake (bufale, frescacce, minchiate, supercazzole ecc.) riguardanti i migranti e la portata della loro “invasione” in Occidente, in Europa e, nello specifico, in Italia.

 L’ingigantimento mediatico della “invasione” migrante

 Almeno tre serissimi e autorevoli sondaggi ci hanno detto nell’ultimo anno che la maggioranza degli italiani/e ritiene che i migranti presenti nel nostro Paese siano tra il 24 e il 26% della popolazione, mentre il dato oggettivo e verificabile parla di un 8% (o al massimo 8,2%) pari a circa 5 milioni di persone. Ancora più lontana dalla realtà è la percezione che riguarda gli islamici e i nomadi presenti in Italia. Per i primi la gran parte degli italiani/e intervistati ritengono che essi siano il 20% dell’intera popolazione italica mentre in realtà arrivano a malapena al 3%, cifra irrisoria rispetto a numeri ben altrimenti consistenti in Francia, Inghilterra e Germania, ad esempio; e in quanto ai nomadi (rom, sinti, camminanti ecc.) le fake news sono altrettanto lontane dalla realtà, perché la maggioranza consultata crede che i nomadi siano circa mezzo milione mentre essi superano a malapena le 85 mila unità, di cui peraltro solo un quarto vive in roulotte o accampamenti di fortuna, mentre la grande maggioranza è stanziale da decenni (alcune famiglie da secoli), vive in normali case e lavora regolarmente: in una parola, è indistinguibile dagli altri italiani stanziali.

Già questi dati dovrebbero far riflettere sulla vera entità dell’invasione migrante. Tanto per darci qualche termine di paragone, ricorderò che alla fine della Seconda guerra mondiale 40 milioni di profughi europei si riversarono dalle città rase al suolo nelle altre nazioni e città rimaste relativamente intatte, senza che questo distruggesse o logorasse significativamente la convivenza civile e sociale post-bellica né il quadro politico generale: mentre nel 2015 350 mila profughi siriani, lasciati uscire dai campi di accoglienza dalla Turchia, crearono la paranoia più intensa nell’Est europeo, con muri, fili spinati e truppe alla frontiera, fino a costare in Germania l’avvio della decadenza politica per la fino ad allora intoccabile Angela Merkel, responsabile di un’inattesa apertura a tali profughi. Si potrebbe poi segnalare un semplice raffronto, a proposito degli esuli siriani in fuga dalla guerra, con il Libano, paese di poco più di 4 milioni di abitanti e di dimensioni pari alla metà della Puglia, ove i profughi scappati dalla Siria sono divenuti alla fine del 2017 circa un milione e duecentomila, equivalenti a circa 18 milioni in Italia.

E’ anche fake news la convinzione maggioritaria tra gli italiani a proposito del luogo di origine maggioritaria dei migranti, ritenuto coram populo l’Africa, magari qui però con qualche ragione, essendosi dovuti sorbire per anni, quotidianamente, immagini di barconi e gommoni pieni di persone dalla pelle nera. In realtà il 57% (circa 2 milioni e 850 mila persone) dei 5 milioni di immigrati ora presenti in Italia provengono dall’Europa (la prima comunità è quella romena), mentre gli originari dell’Africa sono a malapena (dati del 2017) un milione, e 850 mila sono i cittadini provenienti da paesi asiatici; all’ultimo posto i latino-americani. Infine, quanto al trend dell’invasione migrante, gli arrivi attraverso il Mediterraneo sono stati circa un milione nel 2015, 365 mila nel 2016, 172 mila nel 2017 e probabilmente saranno ancora un po’ meno quest’anno, anche se gran parte dell’azione di blocco era già stata operata da Minniti, ministro degli Interni dei governi PD, che aveva ridotto gli arrivi di circa l’80%. Di questi, però, meno della metà dovrebbero essere ora in Italia, seppure dati certi su questo non mi pare ce ne siano.

Sono gli italiani stanziali a dare ai migranti più di quel che ricevono, o è il contrario?

 Nel computo del dare e dell’avere tra migranti e stanziali italici (e analogo discorso vale più o meno, credo, per gli altri paesi europei con una significativa immigrazione) non mi limiterò a sottolineare le cose più ovvie. E cioè che: a) se come in un film distopico tutti/e i/le migranti decidessero di abbandonare in un sol colpo i loro posti di lavoro e andarsene dall’Italia il paese tracollerebbe in pochi giorni; b) i migranti fanno tutti i lavori pesanti e sgradevoli, rischiosi o ad alto livello di nocività che la stragrande maggioranza degli italiani stanziali non ha più, e da tempo, intenzione di fare; c) anche la grande maggioranza dei lavori di cura e di assistenza familiare a malati, disabili e anziani sono coperti da immigrati/e a salari che gli/le stanziali non accetterebbero mai, ma oltre i quali la netta maggioranza delle famiglie non potrebbe permettersi di andare; d) essendo attualmente il tasso di natalità nelle famiglie italiane di 1,3 (cioè da 20 persone ne nascono 13) ed essendo questa una scelta che sembra irreversibile e non legata solo a fattori economici, nell’immediato futuro si aprirebbero vuoti enormi nella società italiana se i nuovi arrivati/e non fossero disponibili a riempirli, persino più di quanto già sta accadendo.

Tutti questi solidissimi argomenti basterebbero già a dimostrare che la società italiana e le altre europee – oltretutto piuttosto esangui, sfibrate, sempre più vecchie biologicamente ma anche ideologicamente, spiritualmente e moralmente – hanno tutto da guadagnare dalle immigrazioni, come peraltro è sempre successo nella storia dell’Italia e soprattutto dei paesi del Mediterraneo, crocevia plurisecolare di civiltà, etnie, comunità e popoli della più diversa origine. Ma qui aggiungo dati solidi e cifre inconfutabili che dimostrano con solare evidenza che anche nel semplice dare ed avere quotidiano i migranti in media forniscono all’Italia più di quel che ricevono.

1) La grande maggioranza dei 5 milioni di migranti lavora regolarmente: il totale degli occupati/e è intorno ai 2 milioni e 600 mila unità che, tenendo conto delle donne casalinghe e dei minori, rappresenta una percentuale rilevante che già dovrebbe bastare a cancellare la polemica sui migranti “fancazzisti” e mantenuti. I due terzi svolgono lavori manuali dipendenti nelle fabbriche, nei campi, nei servizi, nella ristorazione; il 70% dei/delle collaboratori/trici domestiche, facenti lavori di cura e assistenza a malati e anziani, sono migranti, soprattutto europei/e (Ucraina, Romania, Polonia ecc.), mentre il 20% di chi lavora nella ristorazione, nelle strutture alberghiere e nel turismo non è nato in Italia. Circa un milione di questi lavoratori/trici sono iscritti ai sindacati, ma ciò malgrado sono pagati in media il 25% in meno degli stanziali italici.

2) I migranti hanno dato vita anche ad un numero sempre più rilevante di imprese autonome, 550 mila censite nel 2017, con circa 750 mila piccoli imprenditori. Mettendo insieme lavori dipendenti e piccole attività autonome, il prodotto globale del lavoro dei migranti è stato pari, nel 2017, a circa 127 miliardi di euro, pari più o meno all’intero fatturato internazionale della FCA – Fiat Chrysler.

3) Tutti insieme hanno prodotto 17 miliardi di contributi pensionistici, buona parte dei quali resteranno nelle casse INPS perché molti/e migranti tornano, una volta accumulata una certa somma, nei paesi di origine e altrettanti, avendo iniziato a lavorare in Italia piuttosto tardi, non arriveranno mai ad una pensione paragonabile ai contributi versati: basti pensare che nel 2017 su 16 milioni di pensionati il numero dei migranti era irrisorio, circa 100 mila. Inoltre, tra tasse Irpef ed altri contributi i migranti hanno versato lo scorso anno circa 8,8 miliardi, con un incremento rispetto al 2011 del 15% mentre la quota degli stanziali è calata dell’1,5%.

4) Sommando dunque i contributi pensionistici e le tasse, il gettito dei migranti è stato pari, nel 2017, a quasi 20 miliardi di euro, mentre il costo complessivo dell’accoglienza e del sostegno ai migranti per lo stesso anno è stato di 17 miliardi. Guardando le cose anche da questo punto di vista, strettamente contabile, c’è dunque un saldo attivo a favore dei migranti di circa 3 miliardi annui. Senza dimenticare il fatto che i 5 milioni di migranti sono anche consumatori/trici e che, in quanto tali, portano quote di denaro, difficilmente quantificabili ma di sicuro notevolissime, nelle casse di tanti stanziali italici.

I migranti sarebbero i moderni schiavi/e, deportati dai paesi di origine? Do you remember Marcinelle?

 Nel battage ideologico-politico di stampo fortemente reazionario e xenofobo contro i migranti, i più scaltri corifei del governo e i think tank (“serbatoio di pensatori” o “di pensiero”) che forniscono soprattutto alla Lega materiale sempre fresco per le campagne di odio e di ostilità verso gli ultimi della Terra, hanno accentuato negli ultimi tempi l’uso di un armamentario “di sinistra” per accalappiare un’ulteriore parte dell’elettorato fidelizzato fino a ieri con il centrosinistra e oramai allo sbando. L’argomento più usato – che ha l’obiettivo di far fuori definitivamente non solo le ONG e i volontari che operano ancora nel Mediterraneo per soccorrere i migranti, ma anche tutti coloro che sul territorio italiano operano per garantire una accoglienza dignitosa ai nuovi arrivati/e – è quello che descrive i migranti come nuovi schiavi che sfruttatori privi di scrupoli deporterebbero dai loro paesi d’origine con la complicità dei “buonisti” e dei radical chic “di sinistra” ma anche di tante organizzazioni, apparentemente umanitarie, che in realtà lucrerebbero anch’esse sull’accoglienza dei migranti.

Ora, che le condizioni di vita e di lavoro di una parte dei migranti siano sovente indegne e che i loro salari, a parità di mansioni svolte, non siano molte volte pari a quelle degli italiani stanziali è purtroppo la realtà in tante parti d’Italia. Ma da qui a paragonare tali condizioni con una sorta di tratta degli schiavi, organizzata e fomentata da biechi neo-schiavisti “progressisti”, usando la manovalanza degli scafisti, è infame propaganda reazionaria anche quando usa una terminologia “di sinistra” citando magari Marx o Gramsci. Tale gigantesca truffa ideologica, in molti ambienti italiani ed europei, assume addirittura le vesti di una cinica e paranoica teoria del complotto globale, organizzato e gestito dalle “plutocrazie ebraiche”, dai grandi centri finanziari e da personaggi come Soros, considerati autori ed esecutori di un diabolico piano per sostituire al sangue “invecchiato” dei bianchi europei il sangue “fresco” degli africani e degli asiatici, con un epocale e universale processo di abbassamento del costo del lavoro grazie ai milioni di nuovi schiavi.

Ciò che rende oltre che ignobili anche grottesche queste tesi è, qui in Italia almeno, il fatto che il nostro Paese ha distribuito nel mondo nel secolo scorso decine di milioni di migranti i quali, avendo strumenti culturali e capacità linguistiche decisamente inferiori a quelle della media dei migranti giunti in Italia nell’ultimo trentennio, furono costretti in svariate circostanze ad accettare condizioni di lavoro e di vita largamente peggiori di quelle in cui si trovano ad operare oggi in Italia almeno i lavoratori/trici migranti in possesso di regolare contratto. Basterebbe pensare alla tragica vicenda di Marcinelle (n.d.s. il disastro di Marcinelle, uno delle più grandi tragedie minerarie della storia, avvenne la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone di Bois du Cazier di Marcinelle in Belgio, a causa di un incendio innescato dalla combustione di olio ad alta pressione, partita da una scintilla elettrica: vi morirono 262 minatori di cui 136 italiani), che nelle settimane scorse è stata richiamata alla memoria degli italiani a causa di una polemica tra Salvini-Di Maio da una parte e il ministro degli Esteri Moavero dall’altra. Quest’ultimo aveva richiamato quella tragedia per segnalare come un popolo di migranti come quello italiano dovrebbe mostrare ben più solidarietà e comprensione per il desiderio di milioni di persone di scappare da tremende condizioni di guerra, miseria e fame per trovare in Italia un po’ di pace e giustizia sociale: ricevendo però una severa reprimenda dai due vice-presidenti del Consiglio, che trovavano offensivo il solo accostamento tra i laboriosissimi e bianchissimi migranti italiani dell’epoca e gli attuali “negher” giudicati da Salvini il Truce e Giggino Ping Di Maio più o meno come “fancazzisti” mantenuti dallo Stato italiano.

Quello che i due sciagurati non conoscevano – ma che nessun altro nell’informazione mainstream ha richiamato in quei giorni alla memoria degli italiani, trattandosi di una pesante e ingombrante vergogna nazionale – è il quadro in cui il disastro di Marcinelle si realizzò e quali erano le condizioni di lavoro di quei minatori e in generale degli emigranti italiani mandati a lavorare in Belgio. Il governo belga dell’epoca aveva grosse difficoltà a trovare mano d’opera sia per le miniere sia per molte fabbriche soprattutto siderurgiche, ove il lavoro era particolarmente pesante e rischioso; e promosse dunque una incalzante campagna europea con una massiccia richiesta di lavoratori/trici, indirizzata verso alcuni paesi europei in particolare. Al governo italiano, presieduta da Alcide De Gasperi, venne chiesto l’invio di 50 mila lavoratori italiani, di età inferiore a 39 anni, a gruppi di 2000 a settimana, in cambio di 3 milioni di tonnellate annue di carbone a prezzi stracciati, di cui l’Italia della ricostruzione post-bellica aveva gran bisogno, essendo pressoché del tutto priva di risorse energetiche. Oltre a dover affrontare condizioni di lavoro durissime, i minatori e gli operai nelle fabbriche furono obbligati ad accettare la condizione-capestro di non poter cambiare lavoro per 5 anni. Veniva, cioè, imposta loro una sorta di neo-schiavitù quinquennale, aggravata da miserabili condizioni di vita, visto che la gran parte dei minatori vennero alloggiati in baracche ricavate in un ex-campo di concentramento. Tutti i partiti e i sindacati italiani dell’epoca accettarono queste indegne condizioni e De Gasperi non ebbe difficoltà a far approvare dal Parlamento italiano tale status davvero para-schiavistico, mentre le proteste dei sindacati belgi caddero nel vuoto perché la grande maggioranza dei lavoratori stanziali rifiutarono nettamente l’offerta di garantire loro così pesanti modalità lavorative.

Le falsificazioni sulla criminalità migrante in un Paese che ha esportato la mafia in tutto il mondo   

 Un’altra enorme menzogna diffusa a pieni mani dalla Lega e dalle componenti politiche più reazionarie – ma sostenuta negli ultimi anni da gran parte del circo mediatico che ha usato questa micidiale bufala per fare spettacolo ed assecondare un certo senso comune – è che tra le responsabilità dei migranti ci sia anche quella di aver fatto aumentare significativamente la criminalità e i delitti di vario genere in Italia. Per compiere questa ignobile operazione, sia durante la campagna elettorale recente sia una volta giunti al governo, i leghisti, principali artefici della fabbrica dell’odio e dell’insicurezza (seppur con la complicità dei Cinque Stelle), hanno addirittura alterato tutti i dati sulla criminalità degli ultimi anni in Italia, malgrado i dati oggettivi siano univoci e, venendo proprio dal Ministero degli Interni, ben difficilmente contestabili e sbugiardano la ossessiva fabbrica della paura edificata dai nuovi governanti prima e dopo il loro accesso al potere.

Si può partire dal crimine più irreparabile, l’omicidio, per il quale il decremento negli ultimi 25 anni è stato davvero clamoroso: nel 1992 in Italia vennero uccise circa 1900 persone, nel 2017 la cifra è scesa a 357 (con un calo dell’82% circa, e meno di un delitto al giorno su 60 milioni di abitanti), di cui un terzo circa perpetrato in famiglia, soprattutto con i numerosi femminicidi, e circa un centinaio riguardanti delitti legati al mondo delle varie mafie ancora potentissime nel nostro Paese; numeri irrisori se paragonati con quelli di città extraeuropee a medio tasso di criminalità, basti pensare al fatto che in una città statunitense come Chicago (non tra le peggiori in questa poco onorevole graduatoria) l’anno scorso i delitti sono stati più del doppio dell’intera Italia. E soprattutto gli omicidi italici sono risultati parecchio inferiori a quelli di paesi europei come la Francia (quasi 1000 omicidi), la Gran Bretagna (il 20% in più) e la Germania (il 50% in più) fino ai record negativi di Lettonia e Lituania che in proporzione agli abitanti hanno registrato 8 volte più morti ammazzati che da noi: e nell’insieme l’Italia è al 23° posto su 28 paesi UE.

Ma, si dirà, quando si parla di criminalità e insicurezza percepita non ci si riferisce soprattutto agli omicidi, ma assai più ai furti, alle rapine, alle aggressioni, alle violenze “minori” e quotidiane nelle quali può incappare più facilmente l’Italiano Qualunque. Solo che anche da questo punto di vista la diminuzione dei reati è vistosa e anzi ancora più accentuata. Negli ultimi venti anni i reati complessivi sono andati continuamente calando in maniera sempre più accelerata, tanto che dal 2016 al 2017 la diminuzione è stata del 7%, le rapine registrano un -10% e i furti in casa sono scesi del 9,5%. Ne consegue dunque che, al di là della percezione soggettiva, la società italiana, dal punto di vista dei reati e dei crimini che possono incidere nella vita quotidiana del cittadino “comune”, è molto più sicura oggi di quanto lo fosse trenta anni fa: e, essendo la presenza dei migranti decisamente più rilevante ora che nei primi anni ’90, ne deriva la più netta smentita alle super-bufale secondo la quale l’aumento dei migranti sarebbe responsabile dell’incremento dei crimini e dell’insicurezza. E’ evidente dunque che la fabbrica della paura ha lavorato in questi anni non su fatti e dati concreti ma su narrazioni virtuali, costruite scientemente attraverso i mass media classici e amplificate dai social, con interi cicli di trasmissioni televisive basate su delitti isolati e vistosi (cfr. il delitto di Avetrana, tanto per esemplificare) e speculando sull’atavico, morboso interesse umano per i delitti e per le espressioni più oscure dell’animo umano, che decreta ad esempio il successo della letteratura noir o che ha sempre convinto l’informazione che le buone notizie non appassionano la maggioranza del pubblico e solo quelle cattive, gravi, negative e “nere” colpiscono nel segno e attraggono il lettore e lo spettatore (il famoso detto no news good news andrebbe letto in realtà al contrario come good news no news, e cioè le belle notizie non fanno notizia).

Infine, ci sarebbe, rispetto alla relazione migranti-criminalità, un aspetto strettamente italico che sarebbe grottesco se non fosse drammatico o tragico. L’Italia è celebre, in negativo, per aver diffuso nel mondo la Mafia e le organizzazioni criminali analogamente strutturate: esportazione realizzata in prima battuta, nel secolo scorso, attraverso una parte, seppur molto ridotta, dei propri emigrati, mentre oggi tale diffusione avviene per canali ben più generali e internazionali. E purtroppo non stiamo parlando del passato, visto che la DEA (l’ente statunitense che si occupa di lotta alla droga e alle sofisticazioni di alimenti, medicinali ecc.) considera nei primi dieci posti di pericolosità mafiosa mondiale la ndrangheta di origine calabrese (addirittura al primo posto per parecchi anni), la Mafia classica di origine siciliana e la camorra campana. Ma oltre a questa diffusione mondiale, che dovrebbe tacitare ogni assurda aggressione agli attuali migranti, l’estensione delle tre mafie italiche principali ha riguardato negli ultimi anni il nostro intero territorio nazionale, superando ampiamente le originali installazioni regionali delle tre mafie più celebri. Cosicché, mentre oggi le piovre mafiose hanno esteso i propri tentacoli in ogni regione e provincia italica, occupando con decine di migliaia di associati (di fatto veri e potenti eserciti privati criminali) ogni struttura appetibile per fare business e estendendo la corruzione organizzata in ogni dove, l’ostilità e l’odio popolare, invece che contro questa grande e potentissima criminalità, sono stati cinicamente indirizzati verso i migranti e i rom, ingigantendo ad arte anche una piccola manovalanza delinquenziale reclutata tra gli strati più sbandati e fragili dei nuovi arrivati.

La guerra ai migranti come via maestra per l’accesso al Potere

 Ma qui ed ora, all’uso universale e metastorico del razzismo e della xenofobia nella storia del mondo, così come alla creazione del nemico per compattare sotto di sé strati ingenti di popolazione, si aggiunge un dato specifico di questa epoca, assai legato alla profonda crisi economica e sociale che ha investito l’Europa e l’Occidente capitalistico negli ultimi dieci anni, impoverendo ampli settori di salariati e di middle classe. Tale crisi ha creato tutte le più favorevoli condizioni per chi ha inteso usare il conflitto tra stanziali e migranti, tra nazioni ed etnie, giocando la carta mascalzona del nazionalismo più egoista e gretto, dei particolarismi, dell’invidia sociale ed economica verso gli ultimi arrivati, del risentimento e della rabbia da indirizzare verso di essi come i più facili capri espiatori. E’ questa operazione politica ed ideologica che ha permesso ad un trucibaldo, impostore e ignorante come Trump di accedere alla più rilevante carica politica mondiale; che ha dato benzina decisiva alla Brexit con il voto massiccio delle Midlands dove gli unici neri circolanti sono i giocatori delle squadre di calcio o di pallacanestro; che ha portato al potere gli Orban, Kaczynski e simili nei paesi dell’Est dove pure i migranti sono pressoché inesistenti; e che ha gonfiato oltre misura le vele della barca leghista, passata dal 18% delle elezioni di marzo all’attuale 32% dei sondaggi sulla base della guerra dichiarata ai migranti e non certo per il mantenimento delle promesse economiche e sociali (flat tax, cancellazione Fornero, Jobs Act, “buona scuola” ecc.).

Non c’è chi non veda come la vera carta a disposizione del governo Lega-5Stelle, oltre all’ inconsistenza – che raggiunge il grottesco e il masochismo suicida tra le fila del PD – delle opposizioni parlamentari, sia quella, giocata cinicamente da Salvini, della guerra all’immigrazione e dell’odio manifesto verso gli ultimi della terra. Certo, il razzismo e la xenofobia non nascono in Italia, a livello popolare, con questo governo: basterebbe pensare al clima ostile che nelle principali città del Nord Italia circondava negli anni ’50 del secolo scorso gli immigrati dal Sud, che pure sostenevano in maniera decisiva la produzione industriale delle principali fabbriche italiane: clima niente affatto diverso da quello che devono affrontare oggi i “negher” nuovi arrivati. Ma allora le principali forze politiche (dal PCI alla DC), sindacali (dalla Cgil alla Cisl) e persino ecclesiastiche – tutte forze allora dotate di grande influenza e autorevolezza, oltre che di grande partecipazione popolare – stroncavano gli atteggiamenti razzisti ed il disprezzo verso gli immigrati.

Invece ben altro clima si è creato all’esplodere della grande crisi economica che ha scombussolato Europa ed Italia nell’ultimo decennio. Fin dall’inizio della crisi abbiamo denunciato – in numerosi scritti e nella nostra attività politica, sindacale, sociale e culturale come COBAS –  il terrificante impatto di quella che ho chiamato “la guerra dei penultimi contro gli ultimi“, e cioè l’ostilità che vasti settori salariati e popolari, operai  e middle class impoverita hanno, con sempre maggiore evidenza, manifestato non contro le classi e i ceti più potenti e ricchi ma verso gli ultimi arrivati, temendone il sorpasso sociale e lo scavalco nella graduatoria nazionale tra ceti e classi. Dal che lo scontato successo di quel prima gli italiani che Salvini ha scippato a Casa Pound rendendolo però un purtroppo efficacissimo programma politico e ideologico che ne sta ingigantendo le fortune. La xenofobia e il razzismo a livello popolare erano già cresciuti ulteriormente negli ultimi due anni nonostante la politica spietata del ministro Minniti e dei governi di centrosinistra avesse ridotto gli sbarchi dell’80-85%. Ma Salvini, seguito supinamente dai 5 Stelle, ha aggiunto negli ultimi mesi, rispetto ai precedenti governi, un odio aperto, sfacciato, fiero di sé, e ribadito ufficialmente ogni giorno, nei confronti di neri, rom e “illegali” che ha pubblicamente sdoganato tutte le pulsioni reazionarie già operanti in tanta parte della popolazione: al punto che a tutti gli episodi di brutale razzismo dell’ultimo anno sono stati seguiti immancabilmente le giustificazioni e minimizzazioni del ministro degli Interni e del governo nel suo insieme, con una particolare esaltazione da parte di Salvini di quel “farsi giustizia da sé”, maledettamente simile al culto delle armi negli USA (altra grande carta che ha favorito la vittoria di Trump due anni fa) e che ha prodotto l’altro provvedimento reazionario – la legge “per la legittima difesa” – che autorizza la pena di morte, consentendo all’Italiano Qualunque di sparare su chi si introduce nelle case altrui.

 

E come salsa al cianuro su una pasta avvelenata, il decreto in-sicurezza condisce le fake news

 Pur se in linea con l’intollerabile politica anti-migranti e “per l’ordine e la sicurezza” del decreto Minniti e dei governi PD, l’ignobiledecreto in-sicurezza, intestato a Salvini e alla Lega ma accettato anche  dai 5 Stelle, si fonda e si sostiene proprio su questa ampia base di menzogne, di fake news, di bufale divenute giorno dopo giorno apparente realtà fattuale per decine di milioni di italiani. Esso costituisce un assalto senza precedenti contro il diritto di asilo dei migranti, e accentua ulteriormente il messaggio razzista e xenofobo con il quale il nuovo governo è nato e si è alimentato, incentivando odio e rancore verso i migranti, i rom e in genere i più deboli, coloro che giungono in Italia per sfuggire a guerre, carestie, fame e miseria. E mentre distrugge fondamenta plurisecolari del vivere civile, il decreto aggredisce preventivamente, programmando una sorta di “Stato di polizia”, chiunque voglia manifestare la propria opposizione con iniziative di piazza, occupazioni di case, conflittualità sociale, politica, sindacale.
1) Viene abolita la protezione umanitaria per i migranti e di fatto la concessione dell’asilo (almeno al 90%) per motivi umanitari. Nel decreto resta possibile solo avere un permesso di soggiorno per “casi speciali” (persone vittime di violenza domestica o “grave sfruttamento lavorativo”, o in stato di salute “gravemente compromesso”).
2) L’imprigionamento nei CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio) passerà da 90 giorni a 180; mentre i richiedenti asilo potranno essere costretti negli “hotspot” fino a 30 giorni.
3) Lo SPRAR – cioè il sistema pubblico di accoglienza locale da parte dei comuni che, almeno nei modelli “virtuosi” come Riace, ha permesso di ripopolare paesi, trovare lavoro ai migranti e farli vivere in pace con gli stanziali – verrà abbattuto, smantellndoa uno strumento di sistemazione di potenziale grande efficacia.
4) Per una serie di reati, alcuni non gravi, si può togliere, in spregio alla  Costituzionale, la cittadinanza italiana a stranieri di origine.
5) La concessione della cittadinanza potrà essere negata anche a chi ha sposato un/a cittadino/a italiano/a.

E’ lampante che questi provvedimenti, lungi dal garantire la sicurezza dei cittadini, aumenteranno vistosamente proprio ciò che il governo finge di voler evitare, e cioè la clandestinità, la vita allo sbando e la possibilità di entrare in circuiti di piccola malavita per i migranti. Ma è evidente che invece è proprio quello che vuole soprattutto la Lega, uno stato di emergenza permanente per impaurire la popolazione e farne sfogare i peggiori istinti contro i migranti. E prevedendo che questa ignobile politica incontrerà un’opposizione crescente tra le forze sociali, sindacali e politiche anti-liberiste, anti-razziste e anti-autoritarie, il decreto mette in campo le armi per intimidire a priori tali forze di opposizione. Cosicché, i provvedimenti per il cosiddetto “ordine pubblico” non sono da meno, rispetto a quelli anti-migranti, per spirito reazionario e per imporre ai settori sociali più coscienti e attivi un clima sempre più soffocante. Questi i provvedimenti più gravi in materia.

1) Effettuare “blocchi o ingombri stradali” diverrà un reato punibile con il carcere fino a 6 anni. Se ad effettuarli saranno migranti, questo comporterà il rifiuto del permesso di soggiorno. Inutile dire quale deterrente costituisca per le manifestazioni in generale ma ancor più per quelle con la partecipazione dei migranti.
2)
 Si ingigantisce il DASPO  che, già esteso oltre le manifestazioni sportive da Minniti, ora coprirà qualsiasi luogo pubblico dove si possa avere una iniziativa sociale, politica o sindacale.
3) Viene raddoppiata la pena carceraria per chi organizza occupazioni di case, arrivando fino a 4 anni. In più sono autorizzate intercettazioni telefoniche di occupanti e organizzatori.
4) Si estendono vistosamente le ipotesi di reato che consentono al giudice di allontanare il responsabile dalla casa di famiglia, imponendogli l’uso del braccialetto elettronico.
5) Le polizie municipali dei comuni con più di 100 mila abitanti possono usare i TASER, le micidiali armi a impulsi elettrici che varie vittime hanno fatto in questi anni negli Stati Uniti.

Contro questo decreto, come COBAS e in alleanza con circa 500 organizzazioni sociali, politiche e sindacali, centri sociali, studenti, migranti e rom, ambientalisti e volontari di ONG, abbiamo organizzato la grande mobilitazione del 10 novembre 2018 che ha portato in piazza a Roma almeno centomila persone contro il decreto, il governo Lega-5Stelle e il razzismo. Il prossimo 16 dicembre a Roma i promotori di quella manifestazione si riuniranno per decidere le prossime tappe della mobilitazione contro le politiche governative su questi temi, contro razzismo e xenofobia, per la cancellazione del decreto in-sicurezza e l’accoglienza piena e solidale a richiedenti asilo, rifugiati e migranti in genere.

Piero Bernocchi

12 dicembre 2018