05/12/2016 15:55

Ora il NO sociale, democratico e antiliberista deve indicare un’opposta via d’uscita dalla crisi

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Con una partecipazione al voto che è andata oltre le attese, un gigantesco NO ha travolto Renzi e il suo governo, costretto alle dimissioni di fronte ad un dato numerico (uno scarto di ben 20 punti) che va al di là delle nostre più rosee aspettative ma soprattutto delle previsioni generali del mondo politico-istituzionale-massmediatico, a conferma che tale mondo è, nell’insieme, sempre più lontano dalla vita reale e che tra i suoi protagonisti nessuno ha più la misura dell’entità del malcontento popolare.

Seppur non in questa misura, noi eravamo molto fiduciosi nella vittoria del NO perché ritenevamo suicida la strategia di un capo di governo che, accecato dalla megalomania e dall’arroganza, osava, in un periodo di crisi profonda economica e sociale che dall’Italia si estende a gran parte dell’Europa, chiamare ad un referendum sulla propria persona e sull’insieme delle sue politiche governative.

Oggi in Europa nessun governo – e nessun leader – sopravviverebbe ad una sfida del genere: e solo l’accentramento di potere, senza freni o controlli da parte della propria comunità politica, può spiegare la cecità, nel tentare tale sfida, dell’uomo che addirittura Berlusconi ha definitivo “l’unico leader politico italiano”.Così operando, Renzi ha coalizzato contro di sé e i propri progetti liberisti e autoritari una vastissima gamma di NO, diversi e a volte addirittura opposti. Certamente si è trattato un NO in difesa della democrazia istituzionale, già abbondantemente ferita in questi anni di “maggioritario” e che sarebbe stata massacrata definitivamente dall’Italicum; e di un NO allo stravolgimento ulteriore di una Costituzione, già largamente non rispettata o vilipesa da tutti i governi degli ultimi decenni. Ma, a nostro avviso, ancora più forte è stato quello che noi, come tanti altri, abbiamo chiamato ilNO sociale, e cioè un amplissimo e corale rifiuto dell’insieme delle politiche sociali ed economiche del governo Renzi, dalla “cattiva scuola” della legge 107, imposta violentemente malgrado la protesta della grande maggioranza del mondo della scuola, al Jobs Act e all’ulteriore aggressione al lavoro e ai precari, dallo Sblocca Italia con i suoi nefasti progetti di devastazione ambientale alle famigerate Grandi operedistruttive di territori già abbondantemente assaltati. Non ci illudiamo che questo NO rimetta automaticamente in discussione tali leggi: ma di certo tale clamorosa sconfessione rafforzerà la voglia di lottare, per invertire il “trend” economico-sociale, da parte di chi, pur mettendo in campo una forte opposizione sociale ad esso, aveva trovato un muro impenetrabile nella totale sordità e arroganza del governo Renzi.

Pur nella grande soddisfazione di questo momento, non dobbiamo però trascurare il fatto che dentro questo NO si muovono – e cercheranno, come stanno già facendo, di intestarselo – forze apertamente reazionarie, razziste, xenofobe che, in perfetta linea con i Trump, i Farage, gli Orban e le Le Pen, descrivono il NO come rivolto anche contro i migranti, le politiche di accoglienza e di solidarietà, un NO che chiederebbe barriere spietate contro gli ultimi della Terra che scappano dalle guerre e dalla fame; e un NO omofobo, islamofobo e antifemminista, non  spudorato come nel modello Trump, ma non meno insidioso e pericoloso. Dunque, per le forze antiliberiste, antirazziste e democratiche del NO sociale, insieme alla soddisfazione per il grande successo, è all’ordine del giorno l’onere di dimostrare che sappiamo delineare anche i SI’ ad una ben diversa, anzi opposta, politica sociale ed economica per uscire dalla crisi e ricreare condizioni positive per il lavoro, la scuola, il reddito, i Beni comuni, l’ambiente, per gli stanziali e i migranti, alleati in un progetto comune di nuova e migliore società. E per far marciare tale progetto tra decine di milioni di persone, è decisiva una grande alleanza politica, sociale e sindacale, perché nessuna organizzazione o settore sociale può seriamente pensare di modificare radicalmente le impostazioni liberiste e anti-democratiche in Italia e in Europa contando solo sulle proprie forze o su una “reductio ad unum” politicista o elettoralista, e men che meno sperando che la “salvezza” arrivi da forze istituzionali e del Palazzo. Su questo siamo chiamati a misurarci, in particolare di fronte al nuovo governo che verrà, e che di certo, anche su pressioni della Unione Europea, non farà sconti, pur senza Renzi, sulle politiche economiche e sociali liberiste.

 

Piero Bernocchi   portavoce nazionale COBAS

 

5 dicembre 2016